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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2010 alle ore 09:15.
Il C130 dell'Aeronautica militare con le salme avvolte nel tricolore dei quattro alpini italiani uccisi in un attacco rivendicato dai talebani, sabato scorso in Afghanistan, è atterrato questa mattina alle 9 all'aeroporto militare di Ciampino, a Roma. Alcuni militari hanno portato su cuscini di velluto rosso i cappelli alpini con la penna dei quattro militari caduti: Francesco Vannozzi di 26 anni, Marco Pedone di 23 anni, Sebastiano Ville di 27 anni e Gianmarco Manca di 32 anni. Ad accogliere i feretri, accanto ai parenti straziati dal dolore, le massime cariche dello Stato: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, i presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il ministro della Difesa Ignazio La Russa e i vertici delle Forze Armate. Il Capo dello Stato ha accarezzato per qualche istante le bare avvolte dal Tricolore. Poi il saluto ai militari caduti con l'intonazione del "Silenzio". Nell'attacco è rimasto ferito un quinto alpino, Luca Cornacchia, ma le sue condizioni non sono gravi.
Dolore, ma anche rabbia, all'aeroporto di Ciampino, da parte di alcuni parenti dei quattro alpini caduti in Afghanistan. «Signor ministro, godetevi lo spettacolo» ha detto uno dei familiari rivolto al ministro della Difesa, Ignazio La Russa, poco prima che le bare venissero messe a bordo dei carri funebri. Il ministro della Difesa ha commentato: «I parenti, in queste occasioni, hanno diritto a qualsiasi reazione emotiva. Sia quella di quello zio, sia quelle affettuose dimostrate da altri parenti anche oggi».
Una camera ardente è stata allestita ieri presso la sala Folgore del Regional Command West di Herat per rendere l'ultimo saluto ai quattro militari caduti. Sempre ieri alle 16 di ieri è stata celebrata una messa funebre dal cappellano militare di Camp Arena, sede del comando del contingente italiano: subito dopo il trasferimento dei feretri all'aeroporto per la benedizione e gli onori militari e la partenza dall'Afghanistan.
«Conoscevo bene Manca e Ville: con loro ho vissuto le prime missioni in Afghanistan e proprio la prima l'abbiamo fatta insieme - ha raccontato il tenente Andrea Trevison, vicecomandante di compagnia del Settimo Reggimento alpini della Brigata Julia - sono stati con me anche in pattuglia, soprattutto Ville. Erano due ragazzi fantastici, altruisti, seri e posati: stavo pensando di farli diventare istruttori di compagnia».