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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2010 alle ore 17:28.
È scettico Piercamillo Davigo, consigliere di Cassazione, sull'efficacia del ddl anticorruzione in discussione al Senato. Nell'audizione dinanzi alle commissioni Affari costituzionali e Giustizia di Palazzo Madama, Davigo ha detto che è necessario reintrodurre nel ddl anticorruzione i reati finanziari, a partire dal falso in bilancio, perchè partendo da lì si può risalire ai reati di corruzione. I reati di corruzione - avrebbe detto Davigo ai senatori - non nascono da denunce e anche aumentando le pene non si otterrebbero gli effetti sperati.
Anche il presidente della commissione Affari costituzionali, Carlo Vizzini, ha chiesto espressamente di modificare il ddl. «Concordo con Davigo - dice Vizzini - il testo va migliorato». Davigo sarà nuovamente audito alle commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato mercoledì 20 ottobre alle 8,30. Secondo Vizzini per quanto riguarda gli appalti pubblici e le commesse, «occorre seguire le stesse direttive che abbiamo seguito per la lotta alla criminalità organizzata». Per Vizzini sul fronte della tracciabilità negli appalti, occorrono «conti dedicati appalto per appalto. Questo consentirebbe una tracciabilità completa ed eviterebbe in prevenzione la corruzione». Corruzione che è una tassa occulta in Italia da 60 miliardi l'anno: poco meno di mille euro a testa, neonati compresi
Sono tre, ha ricordato Vizzini, i concetti base del ddl anticorruzione: «il primo è quello della trasparenza e dunque della prevenzione, il secondo è quello dei controlli soprattutto sugli enti pubblici e su quelli locali, il terzo è quello delle sanzioni che deve arrivare anche alla ineleggibilità, così come è previsto per condanne definitive superiori a 2 anni con l'esclusione per 5 anni dalla eleggibilità dal parlamento nazionale». Ovviamente, «pene molto severe sono stabilite anche per gli enti locali fino alla procedura di fallimento politico dell'ente stesso».