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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2010 alle ore 17:56.
Andamento lento per il ddl anticorruzione all'esame delle commissioni congiunte Affari costituzionali e Giustizia del Senato. Il cui esame non è stato abbinato alla ratifica della Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, assegnata alle commissioni Giustizia ed Esteri del Senato. Per il senatore Luigi Li Gotti (Idv) «è un modo singolare di procedere, visto che di fatto la ratifica della convenzione comporta l'adeguamento del nostro ordinamento interno, con la previsione di nuove fattispecie di reato. La ragionevolezza avrebbe imposto un esame congiunto». Ratifica che procede a passo di lumaca, se si considera che la convenzione è del 1999.
Ancora più tranchant la senatrice Silvia Della Monica, capogruppo Pd in commissioneGiustizia. «Il ddl anticorruzione non è un provvedimento di grande sostanza. Noi avremmo voluto la ratifica della convenzione di Strasburgo che cambia la filosofia degli interventi. Per esempio unificando peculato e corruzione». Non si deve dimenticare che il costo della corruzione nella pubblica amministrazione in Italia è stimato in circa 60 miliardi di euro l'anno e grava anche sui neonati: circa 994 euro pro-capite.
In 13 articoli il ddl anticorruzione prevede un giro di vite sulle sanzioni per i reati di corruzione e concussione, approvato dal Consiglio dei ministri il 1° marzo, ma sbarcato a Palazzo Madama solo il 4 maggio, che aveva diviso la maggioranza tra gli ex An e leghisti schierati in favore di "liste pulite", contro gli ex di Forza Italia.
Il provvedimento, per il quale gli emendamenti devono essere presentati entro il 27 settembre alle 18, non fa parte di quelli "urgenti" inseriti nei cinque punti del Cavaliere che saranno oggetto dell'intervento del premier a fine settembre in aula alla Camera. Nonostante fosse stato oggetto a maggio di una lettera del presidente del Senato, indirizzata ai presidenti delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato, in cui Schifani aveva chiesto di procedere «a una definizione in tempi brevi» del provvedimento, «per rispondere alle legittime aspettative dei cittadini, giustamente sensibili al tema della legalità dei comportamento» di chi riveste pubbliche funzioni. Un invito che era giunto solo due giorni dopo il no del direttivo del gruppo parlamentare del Pdl alla proposta avanzata dai finiani, di dare al ddl corruzione una corsia preferenziale.