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«Fini sembra un pugile che fa la finta e cerca di non colpire troppo forte»

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2010 alle ore 14:49.

«Sembra un pugile che fa la finta e cerca di non colpire troppo forte»: così El Pais vede Gianfranco Fini, che in un incontro-intervista con alcuni corrispondenti stranieri ha cercato di spiegare al mondo cosa sta succedendo in Italia. La frase più rilanciata dai media italiani suona come un avvertimento: il governo «sulla giustizia può cadere». Il quotidiano spagnolo invece titola: «Non voglio far cadere un governo che io stesso ho aiutato a costruire» e il Wall Street Journal «I ribelli premono sul governo italiano».

In due ore domande e risposte, Fini ribadisce di non volere andare al voto. Ma – sottolinea nel sommario El Pais - dice anche che «Berlusconi non potrà governare fino al 2013 a base di imposizioni». «Gli italiani – afferma Fini - hanno bisogno di molte cose salvo che di fare elezioni anticipate. Noi non dobbiamo far cadere il governo, eletto dal popolo, che abbiamo contribuito a formare. Però saremo preparati se l'esecutivo cade». Secondo il corrispondente del quotidiano spagnolo, Miguel Mora, il presidente della Camera e leader del Fli si «mostra cauto nelle sue critiche a Berlusconi» e questo «accentua alcune contraddizioni». Per esempio, dice che «la propaganda e la campagna elettorale permanente sono il cancro della politica italiana», ma offre «lealtà assoluta» al governo, «se si attiene al programma e rispetta l'unità nazionale e la norma che dice che la legge è uguale per tutti».

Sul conflitto d'interessi e sul'anomalia di avere un premier ripetutamente imputato, Fini – scrive El Pais - si mostra «evasivo» e dice che «In Italia non tutto è bianco o nero», che Berlusconi non è mai stato condannato e che ci sono magistrati che fanno «attivismo politico». Si mostra aperto ad approvare una «legge realmente ad personam», che sospenda i processi del primo ministro e delle alte cariche dello Stato, «sempre che non sia retroattiva e non pregiudichi gli altri cittadini».


Fini si dice favorevole, «come l'opposizione», ad approvare «una nuova legge elettorale che permetta di eleggere direttamente i parlamentari» e considera «un errore» avere votato a favore della vigente «porcata». Il leader del Fli «tende una mano alla Lega Nord» e sottolinea che il suo gruppo discuterà con Berlusconi, «uno per uno», i decreti attuativi che arriveranno in Parlamento. Qui si mostra più coraggioso – nota Mora – e ricorda che i suoi voti sono cruciali. «Sul federalismo – dice Fini - il governo non cadrà, perché alla fine il decreto aiuterà a rafforzare la coesione nazionale. Sulla giustizia potrebbe cadere. E' inutile fare previsioni astrologiche, però se io parlo di legalità e loro lo ignorano, già sanno cosa succede». «Berlusconi dice che vuole governare fino al 2013. Se pretende di farlo sulla base di imposizioni, non potrà», avverte Fini.

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Alla domanda se si voterà a marzo, la sua risposta è «Francamente non lo so». Ricorda che se il governo si dimette, «deciderà il capo dello Stato». «Se non trova una maggioranza alternativa in Parlamento», ci sarà «l'ennesima campagna elettorale». Secondo Fini ci sono dozzine di motivi, tra cui la gestione del debito pubblico, per non anticipare le elezioni. "Andare a votare sarebbe solo nascondere la testa sotto terra".


Il Wall Street Journal spiega che Fini, ex alleato di Berlusconi, «sta mantenendo la pressione» sul leader italiano, «sollevando lo spettro di elezioni anticipate».
Il nodo giustizia è subito evocato: «Fini ha sollevato dubbi sull'appoggio, da parte sua e dei suoi sostenitori in Parlamento, della riforma del sistema giudiziario», la quale, secondo gli avversari, punta a scardinare due processi penali che Berlusconi sta affrontando.
«La ribellione apre la prospettiva di elezioni anticipate». E questo, sottolinea Stacy Meichtry, «ritarderebbe ulteriormente le misure per rilanciare l'economia italiana, che sta faticando a riprendersi dalla recessione più profonda dalla seconda Guerra Mondiale».
Nell'incontro con i reporter stranieri, Fini ha riconosciuto che sulla giustizia c'è il rischio di un acuirsi delle tensioni con Berlusconi.

Anche per il WSJ, Fini è stato «cauto» nell'illustrare le differenze di politica tra lui e Berlusconi. Tuttavia, ha criticato i tentativi tra gli alleati di Berlusconi in Parlamento di far passare una legge che metterebbe un limite di sei anni ai processi, compresi quelli già in corso. Se approvato dalla Camera, spiega il WSJ, il ddl diventerebbe legge, ponendo fine a due processi penali che coinvolgono Berlusconi e facendo cadere le imputazioni contro il premier. L'opposizione – spiega - la chiama legge «parafulmine».


Fini ha detto di condividere il principio della legge di accorciare i processi, continua il WSJ. Ma ha criticato «l'attuale versione» della legge, che non dovrebbe applicarsi ai processi in corso, compreso quello di Berlusconi. E ha insistito sulla necessità di iniettare un senso di «etica» nella politica italiana, una sfida che lui ha descritto come «la madre di tutte le battaglie» in un paese afflitto da corruzione ed evasione fiscale. Il WSJ conclude facendo il punto sui due processi di Berlusconi. In uno è accusato di frode fiscale negli accordi conclusi per acquisire i diritti tv per conto di Mediaset. In un altro processo è accusato di avere pagato 600mila dollari al suo ex avvocato (David Mills) per testimoniare il falso nel processo degli anni Novanta sulla creazione di fondi neri Fininvest.

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