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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2010 alle ore 16:10.
Che si prendano le stime dei sindacati (3,5 milioni di persone in piazza) o quelle della polizia (1,23 milioni) non c'è alcun dubbio: le manifestazioni in Francia contro la riforma delle pensioni sono state un successo. Dall'inizio della protesta è stato un crescendo: 2,5 milioni il 24 giugno (800mila secondo la polizia), 2,7 il 7 settembre (1,1), 3 il 23 settembre (1). E a Parigi, dove nel pomeriggio è stata chiusa anche la Tour Eiffel, hanno sfilato in 330mila (90mila secondo la polizia, comunque in forte crescita) da Montparnasse alla Bastiglia.
Certo, bisogna come sempre separare i tassi di adesione allo sciopero, che sono rimasti più o meno invariati o addirittura hanno segnalato una leggera flessione, con la partecipazione ai cortei. Ingrossata dalla presenza, per la prima volta, degli studenti. Secondo il ministero dell'Educazione la protesta ha coinvolto ieri circa 350 licei su 4.300.
Ma sembra essere solo l'inizio. E a questo punto la contestazione potrebbe prendere un'altra piega. Da protesta mirata sulla riforma previdenziale a espressione di un malumore, di un malessere più generale. Per la crisi, la disoccupazione, la perdita di potere d'acquisto, la paura del futuro. E nel mirino, ovviamente, governo e presidente.
È proprio quello che temono all'Eliseo e all'Hotel Matignon. E infatti il premier François Fillon, solitamente molto misurato nei toni, si è scagliato contro la sinistra: «Portare in piazza i ragazzi di 15 anni è da irresponsabili». Confermando nel contempo che la partita delle pensioni è ormai chiusa, che non ci saranno ulteriori correzioni.
D'altronde il senato ha già approvato gli articoli chiave sull'allungamento di due anni dell'età per andare in pensione (da 60 a 62 con decurtazioni e da 65 a 67 a tasso pieno) ed entro il fine settimana ci dovrebbe essere il varo finale. Il testo tornerà quindi alla camera per un via libera definitivo previsto per fine mese.
A questo punto sindacati e sinistra devono decidere cosa fare e non è detto che sia semplice. Si trovano a dover cavalcare un movimento in qualche modo non previsto, dalle caratteristiche per certi versi inattese, che potrebbe radicalizzarsi e portare allo scontro duro con il governo e l'Eliseo. Che forse non tutti i dirigenti sindacali davvero vorrebbero, coscienti del fatto che la riforma previdenziale in fondo è cosa buona e giusta.