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Su Italia-Serbia scuse del presidente Tadic a Berlusconi. Platini: da Uefa tolleranza zero

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2010 alle ore 14:03.

Il presidente della Serbia, Boris Tadic, ha chiamato mercoledì sera Silvio Berlusconi e nel corso della conversazione telefonica, a quanto si apprende, Tadic si è detto dispiaciuto per gli incidenti di martedì sera a Genova, causati dagli ultras nazionalisti, ceh hanno impedito ilr egolare svolgimento della sfida tra Italia e Serbia valida per Euro 2012. Tadic e il presidente del Consiglio hanno convenuto sul fatto che quanto accaduto non può e non deve pregiudicare le cordiali relazioni tra Italia e Serbia.

Nel corso del colloquio telefonico, Tadic ha anche colto l'occasione per informarsi sulle condizioni di salute di Berlusconi, convalescente, come è noto, da un intervento al polso sinistro. Al presidente del Consiglio italiano, il presidente serbo ha formulato gli auguri di un pronto ristabilimento. La giornata è stata caratterizzata da un botta e risposta tra autorità italiane e serbe sulle responsabilità nella gestione dell'ordine pubblico a Genova durante la partita Italia-Serbia di martedì. L'osservatorio sulle manifestazione sportive del Viminale ha parlato di «smagliature nel sistema informativo» tra Belgrado e Roma circa la presenza degli ultras che hanno impedito lo svolgimento della partita di Genova, pur non mettendo in dubbio, però, «l'ottimo lavoro di collaborazione» che il ministero dell'Interno ha con la Serbia.

Il portavoce dell'Osservatorio, Roberto Massucci, ha detto che «le informazioni provenienti dalla Serbia non avevano delineato alcun profilo di rischio per la tifoseria serba». Massucci ha sottolineato che nè nei giorni precedenti l'incontro, tramite Interpol, nè durante la riunione Uefa prima della gara, i responsabili della sicurezza serba hanno comunicato alcuna criticità relativa alla presenta di tifosi violenti.

«Io ho sentito parlare di un fax con l'informazione e l'avvertimento di teppisti in arrivo dalla Serbia che avrebbero potuto creare problemi», replica invecel'ambasciatrice serba in Italia, Sanda Raskovic-Ivic intervistata da Radio 24. «Io non voglio giudicare nessuno - aggiunge la diplomatica - e dire che la polizia ha fatto un errore. Ma dico che la nostra polizia avrebbe dovuto controllare meglio quando i nostri tifosi entravano nei pullman e quella italiana avrebbe dovuto perquisire meglio all'ingresso dello stadio».

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La posizione della Uefa. «Oltre alla responsabilità di chi provoca incidenti, i regolamenti Uefa prevedono anche quella della Federazione che organizza la partita e che deve garantire la sicurezza nello stadio e il regolare svolgimento dell'incontro». La precisazione di Rob Faulkner, portavoce della Uefa, all'indomani degli scontri nel corso della partita Italia-Serbia, in programma ieri nel capoluogo ligure, arriva al termine di una mattinata di polemiche che hanno coinvolto la gestione dell'ordine pubblico da parte della polizia.

Molto più netto Michel Platini. «Sono rimasto choccato - ha detto il presidente dell'Uefa - nel vedere le immagini di Italia-Serbia di ieri. Attendo i risultati dell'inchiesta e le decisioni della Disciplinare e ricordo a tutti che la Uefa segue una linea di tolleranza zero nei confronti della violenza degli stadi».

Dal canto suo, il direttore generale della Figc, Antonello Valentini dichiara di aspettare «con fiducia il verdetto dell'Uefa», sottolineando di avere «la coscienza a posto perchè, insieme alla polizia italiana, abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare». «Certo si poteva fare meglio - ha aggiunto - Ma solo a condizione di mettere in campo una squadra internazionale. L'Uefa ha aperto un fascicolo d'inchiesta e aspetterà il referto dell'arbitro e la relazione del delegato. Noi provvederemo, da parte nostra, ad implementare la nostra documentazione (anche con altri video). Poi aspetteremo la decisione della commissione disciplinare il 28. Se faremo ricorso? Vedremo, la gamma di sanzioni applicabili è molto ampia. Di certo, torneremo a giocare a Genova», ha concluso Valentini, ribadendo che i biglietti saranno rimborsati

La difesa del Viminale. Il comportamento delle forze dell'ordine martedì sera, 12 ottobre, a Genova «ha evitato incidenti ancora più gravi» si legge in una nota del ministero dell'Interno. Il comunicato è arrivato dopo una riunione al Viminale nel corso della quale il Capo della polizia, Antonio Manganelli, ha fatto una relazione dettagliata al ministro dell'Interno, Roberto Maroni, sugli episodi di violenza.

Contraddittoria la posizione di Belgrado. Dopo le scuse espresse dall'ambasciatore serbo a Roma Sanda Raskovic-Ivic e dal vicepremier Bozidar Djelic, sono arrivate le critiche dal ministro dell'Interno e vicepremier serbo Ivica Dacic. L'esponente del governo di Belgrado ha detto infatti che i preparativi per la partita di Genova non stati fatti bene, e che un gruppo non eccessivamente numeroso di tifosi è riuscito a far sospendere l'incontro. Parlando a Belgrado, Dacic ha osservato che l'intervento della polizia italiana avrebbe potuto essere molto più efficace, e che non si doveva permettere l'ingresso allo stadio a tifosi in possesso di oggetti vari. Cosa questa - ha sottolineato Dacic - che a Belgrado non sarebbe mai avvenuta.

Anche il sindaco di Genova Marta Vincenzi ha criticato la gestione dell'ordine pubblico: «Il ministero degli Interni - ha detto - non ha saputo valutare il problema e soprattutto la pericolosità dei tifosi a cui non doveva essere consentito l'accesso a Genova». Secondo il Viminale invece, la polizia, non intervenendo pesantemente, ha evitato una strage.

Il sindaco ha affermato di essersi trovata, prima dell'inizio della partita, in mezzo ai disordini scoppiati davanti a Palazzo Ducale. «Ho anche cercato di calmare i tifosi serbi - ha affermato - ma mi hanno lanciato una bottiglietta. A quel punto li avrei presi a schiaffi. Sono indignata per come si sono comportati. Ho preso il telefono e ho chiamato la questura. Mi hanno detto che li stavano contenendo. Che non si trattava di tifosi di calcio ma di delinquenti e terroristi. Subito ero perplessa per come si stava gestendo l'ordine pubblico ma poi ho capito che era la scelta giusta quella del contenimento». Allo stesso tempo - ha proseguito Vincenzi - critico fortemente l'operato del ministero degli interni che non ha saputo valutare il problema e soprattutto la pericolosità dei tifosi alla luce di quanto accaduto al gay pride qualche giorno prima e dei segnali che la Federcalcio serba sembra aver inviato».

Diversa l'opinione del capo della Polizia, Antonio Manganelli, che ha fatto presente al ministro che era impossibile impedire l'arrivo dei tifosi serbi sia perché l'abolizione dei visti dalla Serbia rende impossibile il controllo alla frontiera, sia perché non ci sono state specifiche indicazioni sui movimenti dei tifosi da parte delle autorità serbe che potessero consentire l'adozione di particolari misure di prevenzione.

Sul fronte diplomatico in mattinata era arrivato un segnale di distensione dalla Farnesina. «Siamo stati e restiamo i principali sponsor dell'avvicinamento della Serbia verso l'Unione Europea» ha assicurato il portavoce della Farnesina, Maurizio Massari rispondendo alle domande dei giornalisti sui fatti di ieri sera a Genova nel briefing settimanale. «Sosteniamo le aspirazioni europee della Serbia - afferma il diplomatico - e chiediamo che proprio in quest'ottica sia interesse primario della Serbia stessa sanzionare e isolare questi individui pericolosi che non vogliono bene né all'Italia né alla Serbia stessa né all'Europa».

Ma il problema maggiore è nelle pieghe diplomatiche della vicenda, più complessa di quel che si crede.A febbraio del 2008 l'Italia (governo Prodi) ha riconosciuto l'indipendenza del Kosovo. Una ferita ancora aperta che torna a sanguinare a pochi giorni dalla pronuncia dell'Unione europea sull'avvio della procedura d'ingresso del paese balcanico e che ha provocato i gravi disordini dei giorni scorsi a Belgrado nella giornata del Gay Pride. Protagoniste, ancora una volta, le frange estreme del tifo della Stella Rossa e del Partizan di Belgrado, ultranazionalisti che sognano la Grande Serbia e che si oppongono alla scelta del governo moderato di Tanic, favorevole all'ingresso nell'Ue.

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