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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2010 alle ore 17:57.
Silvio Berlusconi è partito oggi per il buen retiro sardo dove cercherà di riprendersi dai postumi dell'intervento alla mano sinistra e proverà a ricaricarsi. Ma i pensieri che affollano la mente del Cavaliere (che salterà anche il vertice italo-algerino a causa della convalescenza) rendono assai complicato l'obiettivo. Perché a Roma il premier ha lasciato una situazione delicata. A partire da Palazzo Chigi, dove oggi è andato in scena un acceso confronto tra Giulio Tremonti e quei ministri (la Gelmini su tutti) che lo accusano di aver inserito nuovi tagli nella legge di stabilità. Le cose poi non vanno certo meglio nel Pdl che sembra ormai una polveriera pronta a esplodere. Senza contare, ovviamente, il rapporto con Gianfranco Fini che continua a sfidare il Cavaliere.
L'asse con Tremonti e la Lega. Il premier è consapevole che tra i ministri stia montando un'ampia fronda contro le scelte del titolare dell'Economia. Da ultimo la legge di stabilità tabellare che Tremonti ha blindato dopo aver incontrato ieri Berlusconi ad Arcore. I segni di insofferenza verso il superministro sono giunti alle orecchie del premier da un po'. Non solo le rimostranze di Maria Stella Gelmini, protagonista di un infuocato scambio di lettere con l'Economia, che accusa la riforma universitaria «di pregiudicare la stabilità dei conti della finanza pubblica». Ma anche quelle di Stefania Prestigiacomo (Ambiente) che combatte contro i pesanti tagli ai parchi nazionali. Senza contare poi l'ira di Sandro Bondi (Cultura), riassunta da quel «non vado a elemosinare risorse da Tremonti», pronunciato stamane alla vigilia del Cdm che ha approvato la legge di stabilità. Insomma, venti di tempesta contro il ministro che però Berlusconi non intende contestare. Anche perché proprio da via XX Settembre passa l'asse cruciale con la Lega. Non è un caso che l'unico a spezzare una lancia a favore di Tremonti dopo il Cdm di oggi sia stato proprio il leader del Carroccio, Umberto Bossi. «Lui è un cancelliere di ferro, io lo difendo come sempre».
Il Pdl scricchiola e Berlusconi allerta Scajola. Al partito, poi, il clima è forse anche peggiore. E Berlusconi mal sopporta i continui dissidi tanto che qualche giorno fa non si è fatto scrupolo di bacchettare i suoi pubblicamente. A via dell'Umiltà il nodo principale è lo scontro sempre più acceso tra l'ala dialogante (i ministri di "Liberamente" Alfano, Gelmini, Prestigiacomo, Carfagna) e la vecchia guardia berlusconiana (indebolita dalla guerra tra ex forzisti ed ex An). I giovani ministri del Pdl vorrebbero un rinnovamento del partito e spingono per un azzeramento dell'attuale triumvirato. Berlusconi, però, non vuole per ora cambiare nulla. Anche perché sa che una eventuale rimozione dei tre aprirebbe nuove falle e soprattutto provocherebbe la sollevazione dei coordinatori, in primis La Russa. Che ha già manifestato la sua insofferenza verso certe critiche e minaccia la creazione di un gruppo autonomo. Fumo negli occhi per il premier che intanto avrebbe richiamato l'ex ministro Claudio Scajola per affidargli la riorganizzazione del Pdl.