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Stop alla riforma dell'università. L'esame solo dopo la sessione di bilancio

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2010 alle ore 08:02.

ROMA - La riforma dell'università rischia di finire su un binario morto. La ragioneria generale dello stato e il Tesoro hanno bocciato ieri, perché prive di copertura finanziaria, una ventina di modifiche apportate la settimana scorsa in commissione al ddl Gelmini. A cominciare dal piano per l'assunzione di 9mila ricercatori a tempo indeterminato in sei anni. Lo stop dell'Economia ha spinto la conferenza dei capigruppo a rinviare di 24 ore l'approdo in aula del testo e il voto a dopo la sessione di bilancio. Ma il governo ha preferito rimandare a dicembre l'intero esame del testo.

Determinante è stato il doppio stop giunto da via XX Settembre. In una nota dell'11 ottobre i tecnici del Mef hanno segnalato che in commissione «sono stati approvati numerosi emendamenti che determinano effetti finanziari negativi tali da pregiudicare la stabilità dei conti di finanza pubblica». Esprimendo «parere contrario» a tutta una serie di modifiche tra cui spicca la creazione, all'articolo 5-bis, di un fondo per la valorizzazione del merito da 1,7 miliardi di euro fino al 2016 e 480 milioni annui dal 2017 in poi. Con cui finanziare le 9mila chiamate di associati nei prossimi sei anni. Sulla copertura indicata nella norma, e cioè il fondo di Palazzo Chigi per gli interventi strutturali di politica economica, viene fatto presente che le risorse «sono interamente destinate all'attuazione della manovra di bilancio relativa all'anno 2011».

Rilievi a cui si sono aggiunti quelli formulati l'indomani dalla ragioneria generale che ha invocato «un'apposita relazione tecnica intesa a dimostrare la congruità degli oneri indicati». Sottolineando come anche l'altra novità contenuta all'articolo 5-bis – e cioè il riconoscimento economico per i giovani docenti e ricercatori penalizzati dal blocco degli scatti di anzianità contenuto nella manovra estiva – comporti problemi di copertura visto che tale onere «non è stato determinato con carattere di spesa permanente». Dinanzi a un quadro del genere neanche ieri la commissione Bilancio di Montecitorio ha potuto esprimere il suo parere sul ddl e ha rinviato a oggi la sua decisione. Che a questo punto non ci sarà. Dopo un vertice di maggioranza alla Camera a cui hanno partecipato i ministri Gelmini e Tremonti il governo ha deciso di rinviare a dopo l'approvazione della legge di stabilità la chiusura della discussione in commissione Cultura, dove l'esame dell'articolato è terminato giovedì scorso ma resta da votare il mandato alla relatrice Paola Frassinetti (Pdl). Superando di fatto la nuova calendarizzazione che la conferenza dei capigruppo aveva deciso un paio d'ore prima rinviando da domani a dopodomani l'approdo del testo in aula e al termine della sessione di bilancio l'inizio delle votazioni.

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Tags Correlati: Camera dei deputati | Gelmini | Gianni Letta | Ministero del Tesoro | Montecitorio | Paola Frassinetti | PDL | Pubblica Amministrazione | Scuola e Università | Silvio Berlusconi | Tremonti

 

La speranza della Gelmini è che nel frattempo la legge di stabilità o il decreto milleproroghe contengano le risposte alla richiesta di risorse più volte inoltrate al ministro Tremonti. Come confermato in una nota dalla stessa protagonista: «Accolgo positivamente il fatto che il centrodestra ritenga l'università una priorità – ha dichiarato –. Arrivati a questo punto, ha ragione la maggioranza quando chiede di legare e contestualizzare le riforme alle risorse». Ricordando che tocca al parlamento «approvarla e al ministero dell'Economia valutarne la copertura».

Il sottosegretario a Palazzo Chigi Gianni Letta ha confermato l'impegno del governo sulle risorse ma lo scoglio non è così facile da superare. E ciò nonostante l'intervento del premier Silvio Berlusconi che in un incontro mattutino con Tremonti avrebbe ricordato come la riforma degli atenei sia uno dei punti prioritari del programma. Oltre alle risorse per i ricercatori c'è sempre il nodo degli 1,3 miliardi di tagli che il fondo per il finanziamento ordinario subirà nel 2011. Di questi, in base a un accordo raggiunto nei giorni scorsi, ne verrebbero recuperati circa 820 milioni. Anche se nel frattempo i rapporti tra i due ministri sarebbero diventati piuttosto tesi. Interrogato su com'è andato il vertice di ieri il finiano Fabio Granata ha confermato che Tremonti «ha capito che volevamo la copertura ma non ha detto "pagherò"». Almeno sui ricercatori, il massimo che il Tesoro potrebbe concedere sembra un fondo a esaurimento con cui far partire i primi concorsi nel 2011. E poi si vedrà.
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LE NOVITA' DEL DDL CHE PESANO SUI CONTI

Studenti
Chi beneficerà di «buoni studio» statali non sarà obbligato a restituirli se si laureerà in tempo e con il massimo dei voti. Per la distribuzione dei buoni verrà istituito al ministero un fondo speciale, che garantirà anche «premi di studio», estesi alle esperienze di formazione all'estero. Il fondo potrà essere alimentato anche da donazioni private e dal 2012 i donatori potranno dedurre l'80% dei versamenti dall'imposta sul reddito. Il curriculum universitario degli studenti potrà essere arricchito dai «risultati sportivi».

Ricercatori
Un emendamento prevede che in sei anni 9mila ricercatori possano diventare associati grazie all'istituzione di un fondo per la valorizzazione del merito accademico. Ma è in corso una trattativa tra Gelmini e Tremonti che vorrebbe far scendere di parecchio il numero delle assunzioni. Il fondo di ateneo per la premialità sarà esteso anche ai ricercatori e non più solo ai professori, mentre i ricercatori a tempo determinato, una volta scaduto il contratto, beneficeranno di un «titolo preferenziale nei concorsi per l'accesso alle pubbliche amministrazioni». La retribuzione aggiuntiva per i ricercatori di ruolo, a cui sono affidati corsi curriculari, sarà determinata da ciascuna università. Non sono previste dunque indennità uguali per tutti a livello statale.

Governance
Basta con i rettori a vita: i Magnifici potranno durare in carica per un massimo di 6 anni, non rinnovabili ed essere sfiduciati su proposta di 2/3 dei componenti del Senato accademico. È prevista la nomina di un direttore generale dell'ateneo e la composizione del cda dovrà rispettare il principio delle pari opportunità.

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