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Questo articolo è stato pubblicato il 18 ottobre 2010 alle ore 18:30.
PARIGI. «Non permetteremo che l'economia francese venga danneggiata da un blocco delle forniture di carburante». Il premier François Fillon è stato molto chiaro domenica 17 ottobre nel ribadire la determinazione del governo rispetto alle conseguenze che potrebbero avere le proteste sindacali contro la legge di riforma delle pensioni. Il portavoce della presidenza della Repubblica ha dal canto suo chiarito: «Diritto di sciopero non significa impedire l'accesso ai depositi petroliferi».
E questa mattina, al termine di un vertice all'Eliseo, il ministro dell'Interno Brice Hortefeux ha annunciato la costituzione di una cellula di crisi interministeriale proprio per far fronte a questa emergenza ed evitare a tutti i costi una paralisi del paese. La situazione è in effetti problematica, tanto più che questo fine settimana comincerà la lunga vacanza di Ognissanti e gli automobilisti sono seriamente preoccupati di non poter trovare benzina durante i loro spostamenti.
Sarebbero circa 1.500 i distributori già a secco, mentre si stanno rapidamente esaurendo le scorte di altri 3.500 (sui 12.500 totali). In due provincie, Ardennes e Marne, i prefetti hanno invitato gli automobilisti a effettuare solo gli spostamenti assolutamente necessari. E dall'Ump, il partito del presidente Nicolas Sarkozy, già si levano molte voci a chiedere un intervento dell'esercito con la requisizione di raffinerie (sono 12, tutte ferme) e depositi (219, molti dei quali vengono di volta in volta bloccati dagli scioperanti e riaperti dalla polizia). L'entrata in scena dei camionisti, che hanno effettuato "operazioni lumaca" di rallentamento del traffico su alcune autostrade e impedito l'accesso ad alcuni depositi di carburante, potrebbe ulteriormente aggravare le condizioni di approvvigionamento.
L'evoluzione dei prossimi giorni dipende in larga parte dall'adesione allo sciopero nazionale di domani (che costringerà gli aeroporti parigini a tagliare ancora una volta del 30-50% i loro collegamenti) in molti settori del pubblico impiego, a partire dai ferrovieri, e dalla partecipazione alle manifestazioni, dopo il calo di sabato scorso. Proprio quando cominciano a emergere diversità di opinione tra le organizzazioni sindacali, fino a oggi compatte nel promuovere e sostenere la protesta. D'un lato quelle dell'area riformista ritengono che dopo l'approvazione delle legge al senato (spostata a giovedì per i tanti emendamenti ancora da votare) lo scontro non abbia più senso. Dall'altro quelle più radicali, che ricordano il precedente del 2006, quando l'allora presidente Jacques Chirac di fronte alle pressioni della piazza cancellò una legge sul lavoro già varata dal parlamento, vistata dalla corte costituzionale e addirittura promulgata.