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Primo sì al lodo Alfano retroattivo (con i finiani). Napolitano: non entro nel merito

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2010 alle ore 08:59.

ROMA - Gianfranco Fini prende tempo sulla riforma della giustizia e congeda il ministro Angelino Alfano dandogli appuntamento a quando avrà messo nero su bianco il testo, per verificare che nelle nuove norme costituzionali non vi sia alcuna «ingerenza» del governo sulla magistratura, altrimenti quelle norme sarebbero «inaccettabili». Testi alla mano, i finiani diranno sì o no, come hanno fatto con il lodo Alfano bis, di cui ieri hanno votato, nonostante le polemiche dell'opposizione, il primo punto cruciale, ovvero l'applicazione dello scudo giudiziario "ristretto" al presidente della Repubblica e al presidente del consiglio anche nei processi su fatti «antecedenti» l'assunzione della carica.

Una norma «assurda, indecorosa e vergognosa», secondo il segretario del Pd Pierluigi Bersani, che preannuncia «barricate» e accusa i finiani di incoerenza; una «scelta sbagliata», dice Pierferdinando Casini, che poi aggiusta il tiro spiegando che «la retroattività è un errore, ma giustificato dall'anomalia italiana», per cui l'Udc «non metterà veti» ma si asterrà sul provvedimento; una «norma scellerata» sostiene l'Idv, chiedendo al Quirinale di «starne fuori» e puntando il dito contro il «finto ritorno alla legalità» di Fli. In serata, una nota del Colle ribadisce (lo aveva già detto il 7 luglio) la propria «estraneità» al dibattito parlamentare su proposte di legge, o su singole norme, specialmente se sono proposte di legge costituzionale o di iniziativa parlamentare: il lodo Alfano bis è l'una e l'altra cosa e, fra l'altro, arriverà nelle mani di Giorgio Napolitano soltanto dopo il referendum confermativo, necessario qualora il testo non raggiunga (com'è assai probabile) la maggioranza dei 2/3.
Il voto del senato sul lodo ha rotto la magia tra i finiani e l'opposizione, rimasta gelida sui paletti del presidente della camera alla riforma della giustizia.

La norma della discordia
L'emendamento approvato in commissione è del presidente e relatore Carlo Vizzini (Pdl) e risale a fine settembre. Prevede che i processi al premier e al capo dello stato, «anche relativi a fatti antecedenti l'assunzione della carica», possano essere sospesi con deliberazione parlamentare. I voti a favore sono stati 15 (13 di Pdl e Lega, più il finiano Maurizio Saia e il senatore dell'Mpa), 7 i contrari. Un «mostro giuridico», dice l'opposizione. Ma anche il popolo della rete vicino a Fli si è scatenato contro la retroattività dello scudo, esprimendo delusione, sorpresa, preoccupazione, sebbene Filippo Rossi, direttore di Farefuturo web magazine, avesse spiegato che «sul lodo i finiani hanno fatto quel che hanno sempre detto».

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I finiani spiegano
A difesa della «coerenza», è scesa in campo direttamente Giulia Bongiorno, plenipotenziaria di Fini, definendo «insensate» le polemiche. Prima di lei, Saia aveva spiegato che «già venti giorni fa» si era deciso che la linea di Fli sarebbe stato il sì alla retroattività, confermata dal voto di ieri. Il capogruppo a Montecitorio, Italo Bocchino, però, aveva preferito non sbilanciarsi, dicendo che della questione si occuperà «quando verrà alla camera», mentre Adolfo Urso sottoscriveva le parole di Saia e preannunciava il voto favorevole anche alla camera. «La finalità del lodo - chiarisce la Bongiorno - è salvaguardare la serenità nello svolgimento delle funzioni da parte delle alte cariche dello stato che, ovviamente, potrebbe essere compromessa se non venissero sospesi i processi per fatti antecedenti all'assunzione della carica». Ergo: «le polemiche non sono condivisibili». E Fini, da quanto è filtrato, le ha prese come attacco personale, e una pressione a puntare ancora di più i piedi sulla riforma della giustizia.

La riforma della giustizia
Prima di incontrare il presidente della camera, Alfano aveva visto quello del senato Renato Schifani: a entrambi ha illustrato solo le «linee guida» della riforma, rinviando a un giro successivo la presentazione dei testi. Fini gli ha ribadito che Fli si muove in uno «spirito costruttivo» ma che non accetterà (lo ha scritto in una nota dopo l'incontro) «ingerenze del potere esecutivo su quello giudiziario». L'enunciazione dei principi è una cosa, scrivere le norme, un'altra. Dunque, è essenziale leggere il testo della separazione tra giudici e pm, ma soprattutto del nuovo Csm (e dell'Alta Corte di disciplina) nonché le norme sul ruolo che si vuole attribuire al ministro. Di toccare la Consulta, poi, non se ne parla proprio. Né a Fini è piaciuta l'idea di inserire nella riforma l'elezione dei magistrati onorari con funzioni di pm. Insomma, no a un testo dal sapore «punitivo». Giudizio sospeso, quindi. E questo ha riferito Alfano, in serata, a Silvio Berlusconi, nell'incontro serale a palazzo Grazioli con Niccolò Ghedini. La strada della riforma, quindi, è tutta in salita.

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