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Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2010 alle ore 06:36.
L'apprendistato deve diventare il contratto d'ingresso «tipico» dei giovani nel mercato del lavoro. E agli apprendisti dovrà esser garantito il massimo di formazione da parte di tutti gli attori che hanno una responsabilità diretta nella gestione di questo strumento: le regioni appunto o, in sussidiarietà, le parti sociali e gli enti bilaterali.
Sulla base di questi due impegni vincolanti, il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha siglato ieri un'intesa con regioni e parti sociali per rilanciare l'apprendistato nell'anno di transizione che si apre dopo il via libera definitivo al "collegato lavoro", testo che riapre la delega al governo per la riforma dell'«apprendistato professionalizzante». L'intesa è stata firmata da 32 sigle compresa la Cgil, sindacato che conferma la sua linea partecipativa su questo fronte dopo la sigla, lo scorso 17 febbraio, delle "linee guida per la formazione". «L'accordo firmato oggi – ha detto fra l'altro il ministro – è anche finalizzato a combattere l'uso distorto del tirocinio e delle collaborazioni» e punta a «recuperare un contratto ulteriormente penalizzato dalla crisi economica».
Secondo gli ultimi dati Isfol disponibili, nel 2009 s'è registrato un forte calo del numero dei contratti di apprendistato attivati (dai 645.986 del 2008 si è passati a 567.842 con una riduzione di 78.144 unità) in un contesto, qual è quello italiano, caratterizzato da tassi di disoccupazione giovanile tra i più alti in Europa. Inoltre, come si ribadisce nel testo ministeriale, solo il 20% degli apprendisti ha effettivamente ricevuto una formazione.
Al tavolo trilaterale che si apre le parti parteciperanno innanzitutto con l'impegno di garantire certezza al quadro normativo che regola l'apprendistato anche nelle regioni che non hanno mai adottato norme proprie in materia e alla luce delle sentenze emesse dalla Corte costituzionale nel 2005 e nel 2010. Mentre in vista della riforma dell'«apprendistato professionalizzante» l'impegno è quello di valorizzare la formazione aziendale di tipo formale, la bilateralità e il ruolo dei fondi interprofessionali. Per tutte le esperienze acquisite dai giovani lavoratori viene poi indicato l'obiettivo della loro tracciabilità sul libretto formativo.