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Ok della Ue al fondo anticrisi permanente per scongiurare altri "casi Grecia"

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2010 alle ore 17:34.

Alla fine la linea dura della Merkel, sostenuta da Nicolas Sarkozy, ha pagato. I 27 leader della Ue hanno infatti raggiunto un'intesa sulla creazione di un Fondo anticrisi permanente per sostenere Paesi della zona euro in difficoltà, dando un duplice mandato: alla Commissione Ue di fare una proposta sul meccanismo, e al presidente Ue Herman Van Rompuy di valutare la necessità o meno di modificare il trattato di Lisbona.

Van Rompuy si è quindi impegnato a preparare un rapporto che presenterà ai capi di Stato e di governo nel Consiglio Ue di dicembre. Per il momento sembrerebbe invece accantonata la questione della sospensione del diritto di voto per i Paesi lassisti sul fronte dei conti pubblici: una sanzione politica su cui la cancelliera tedesca ha insistito con forza, ma che il presidente della Commissione Ue,Josè Manuel Barroso, ha giudicato «inaccettabile e non realistica», perchè «incompatibile con lo spirito stesso del trattato Ue».

Una posizione, quella del presidente dell'esecutivo europeo, su cui molte capitali sono d'accordo, anche perchè la sospensione del diritto di voto aprirebbe la strada ad una vera e propria revisione di Lisbona: ipotesi che i più vorrebbero evitare, temendo di rimettere totalmente in discussione un testo entrato in vigore meno di un anno fa e dopo mille difficoltà.

Ben diversa invece è l'idea di una «revisione minima» del trattato solo per permettere la creazione di un meccanismo anticrisi permanente in grado di scongiurare nuovi 'casi-Grecià. Su questa opzione, ove risultasse necessaria, nessun Paese sembra voler opporre particolari resistenze. Anche perchè una «modifica light» - come l'ha chiamata il premier lussemburghese e presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker - avrebbe bisogno solo dell'ok da parte dei 27 capi di Stato e di governo. Una sorta di «intervento chirurgico», insomma, che scongiurerebbe il rischio di riaprire un «vaso di Pandora», con conseguenze inimmaginabili.

Determinante per il compromesso sarebbe stato anche l'appoggio del premier britannico, David Cameron, all'asse Sarkozy-Merkel, in cambio del sostegno di Parigi e Berlino alla posizione di Londra sul bilancio europeo. Con il premier inglese che ha definito nuovamente «inaccettabile» - in tempo di crisi - un aumento dei contributi nazionali al budget Ue del 6% nel 2011: oltre il 2,91% non si va, ha scritto Cameron in una lettera firmata anche dalla cancelliera tedesca e dal presidente francese.

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I 27 leader della Ue hanno quindi dato il via libera alla riforma del Patto Ue di stabilità e di crescita sulla base del rapporto della task force guidata da Van Rompuy. Ora - partendo dalla proposta avanzata da Bruxelles a fine settembre - si potrà aprire il negoziato per definire i dettagli di questa riforma: da come operare la stretta sui debiti pubblici (quale criterio numerico adottare per il taglio del debito, l'impatto del debito privato e delle riforme poensionistiche, ecc..) a come disegnare il sistema di sanzioni finanziarie.

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