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Intesa sulla mini-riforma dei trattati Al vertice europeo sul nuovo patto di stabilità intesa sul fondo salva-stati e sulla mini-riforma dei trattati

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2010 alle ore 06:37.

BRUXELLES - Tutto secondo copione: prima le baruffe e poi l'accordo tra i 27 capi di governo dell'Unione. Via libera, dunque, al Fondo permanente anti-crisi a garanzia della futura stabilità dell'euro: per realizzarlo su basi giuridiche inattaccabili, mandato congiunto al presidente del Consiglio Herman Van Rompuy e alla Commissione Ue per esplorare le possibili modalità di modifiche limitate del Trattato di Lisbona presentando un rapporto al vertice Ue di dicembre. Soltanto allora sarà presa la decisione finale e si conosceranno i connotati di un meccanismo ancora nebuloso.

Contestualmente è arrivata anche, come previsto, la benedizione politica all'accordo di Lussemburgo dei ministri Ecofin, in pratica al testo della task-force Van Rompuy nel quale è stata sbozzata la riforma della governance economica europea e del patto di stabilità rafforzato. Il che significa che ora potranno cominciare i negoziati per tradurre l'intera riforma in un testo legislativo vincolante. L'obiettivo è chiudere la partita entro il giugno 2011.

Ancora due giorni fa Angela Merkel appariva decisamente nell'angolo con la pretesa di imporre all'Europa la modifica del Trattato di Lisbona con due obiettivi: blindarvi giuridicamente la nascita nel 2013, quando scadrà l'attuale fondo triennale, del meccanismo anti-crisi per l'area euro e inserirvi la massima sanzione politica per uno Stato membro, la sospensione del suo diritto di voto nei Consiglio europei.

Certo, poteva contare sull'appoggio del presidente francese Nicolas Sarkozy, con il quale aveva sottoscritto il 18 scorso il patto di Deauville sollevando le ire di tutta l'Europa. Troppo poco per una decisione che comunque andava e andrà presa all'unanimità dei 27. Nel giro di 48 ore, il cancelliere tedesco è riuscito a compiere un miracolo diplomatico, rovesciando una situazione nella quale, almeno sulla carta, appariva perdente. È arrivata a Bruxelles con il tasca il consenso di tutti i paesi dell'Est che pure, Polonia a parte, all'inizio le erano ostili. Poi, a poco a poco, tra le telefonate della vigilia e gli ultimi contatti nei corridoi del vertice di Bruxelles, è riuscita a convincere tutti i suoi più che riluttanti interlocutori.

Certo, per vincere le resistenze, ha dovuto cedere sulla seconda proposta

L’articolo continua sotto

Sul nuovo patto si estende il fronte a favore di una modifica limitata del Trattato (Fotogramma)

Ok della Ue al fondo anticrisi permanente per scongiurare altri "casi Grecia"

Alla fine la linea dura della Merkel, sostenuta da Nicolas Sarkozy, ha pagato. I 27 leader della Ue

Ue contro Berlino sul Patto

BRUXELLES - Doveva, almeno negli auspici degli ottimisti, limitarsi a dare la sua benedizione

L'Europa riscrive il Patto di stabilità. Per Tremonti è un testo molto buono

Accordo politico quadro sulla riforma del patto di stabilità, in dimensione per così dire ubiqua.

Tags Correlati: Angela Merkel | Bruxelles | Consiglio Europeo | David Cameron | Ecofin | Governo | Herman Van Rompuy | Italia | José Barroso | Lisbona | Lussemburgo | Nicolas Sarkozy | Polonia | Silvio Berlusconi | Spagna | Stati Membri

 

, quella sulla sospensione dei diritto di voto che fin dal principio non era riuscita a volare. «Eppure è già prevista nel Trattato di Lisbona» ha insistito ieri la Merkel. Vero. L'articolo 7 la prevede per i paesi membri che violini i principi fondamentali dell'Unione. «Perché non considerare che la violazione delle regole del patto rientri tra questi?» ha chiesto il cancelliere agli astanti. Silenzio. Spagna, Italia, Lussemburgo, Polonia, Svezia e Danimarca non sono disponibili. Irremovibile il presidente della Commissione Ue José Barroso: «Una misura del genere è inaccettabile, irrealistica e contraria allo spirito del Trattato».

Naturalmente fino a dicembre, quando arriverà il rapporto Van Rompuy con la sue proposte di modifiche, non la si può dare per morta. Anche se, con l'aria che tirava ieri, si sarebbe tentati di ritenerla ormai defunta.

«Una politica che metta l'intera area euro in pericolo e l'Unione monetaria a rischio è una politica che erode alla base la stessa Unione europea» ha detto la Merkel ai colleghi. «Per questo abbiamo bisogno di un meccanismo anticrisi permanente che includa anche le banche e i fondi che incassano alti tassi di interesse perché non è giusto che sia solo il contribuente a doversi assumere tutte le responsabilità».

La linea è passata assieme all'ipotesi di modificare il Trattato (il meno possibile). Non c'è invece accordo sul tipo di Fondo anti-crisi da varare. La Germania vuole prevedere non solo il salvataggio ma anche lo scenario di default ordinato di uno Stato. Ma sul modello tedesco non c'è accordo. Non piace all'Italia ma neanche a Francia e Spagna (anche se in serata si profilava un'intesa sulla partecipazione dei capitali privati ai salvataggi degli stati, altra proposta cara alla Merkel). «Questo è un vertice vitale per l'Italia, decide il nostro futuro» ha affermato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi insistendo tra l'altro sull'importanza che la valutazione del debito riguardi pubblico e privato.

Appurato che il Fondo anti-crisi riguarderà comunque solo i paesi dell'euro, il premier inglese David Cameron non ha avuto problemi a dargli il nulla osta. Si è concentrato invece, ieri, sulla battaglia contro l'aumento delle risorse del bilancio Ue: non più del 2,9% rispetto a 2010, il grido di battaglia con il quale si è trascinato dietro altri 10 paesi. Ma quel 2,9% non è niente di nuovo, è la percentuale già votata dal Consiglio Ue ma contestata dall'europarlamento.

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