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Berlusconi: se lasciassi, grave danno al paese. Aut aut del Pdl a Fini. Fli: non staccheremo la spina

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 novembre 2010 alle ore 16:13.

Se ci fosse un passo indietro del premier il paese e il centro-destra ne sarebbero seriamente danneggiati. Ad affermarlo è lo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che stoppa così le ipotesi di un possibile cambio al vertice dell'esecutivo dopo il caso Ruby e soprattutto liquida la strada di un governo di transizione. «Una mia defezione procurerebbe danni seri al centrodestra e a tutto il Paese», spiega il Cavaliere nel libro firmato da Bruno Vespa. (Vota il sondaggio)

Insomma, nessun cambio a palazzo Chigi. Tanto che anche il Pdl, con una nota sottoscritta dai capigruppo di Camera e Senato, conferma l'indisponibilità del Cavaliere a lasciare la guida del governo. Nel comunicato, però, i vertici di via dell'Umiltà incalzano anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ieri aveva ufficialmente chiesto un passo indietro del premier se il caso Ruby avesse trovato conferme. «Fini dovrà fare le sue valutazioni: o confermare l'appoggio al governo o prendersi la responsabilità di una crisi». Al punto in cui siamo arrivati, si legge nella nota, «è indispensabile la più assoluta chiarezza da parte di tutti perchè ognuno deve assumersi le sue responsabilità davanti alle istituzioni e al popolo italiano. Ci auguriamo che ciò che è stato attribuito a Fini, sull'eventualità che Berlusconi faccia un passo indietro e dunque si dimetta da premier e provochi una crisi di governo, si limiti ad essere una battuta polemica destinata ad esaurirsi nel circo mediatico».

Si fa strada l'ipotesi del ritiro della delegazione di Fli dal governo. Fli non staccherà la spina all'esecutivo, ma chiede un pronto rilancio della sua azione. A dirlo, in una nota congiunta i capigruppo di Camera e Senato di Futuro e Libertà per l'Italia, Italo Bocchino e Pasquale Viespoli, che aggiungono: «Futuro e Libertà ha sempre detto con chiarezza che non intende staccare la spina al governo ma, anzi, di volerlo sostenere per l'intera legislatura al fine di attuare il programma che ci impegna con gli elettori e in generale con il Paese». L'azione dell'esecutivo, aggiungono, «è da rilanciare fortemente essendo oggettivamente ferma al palo sulle grandi questioni che riguardano gli italiani». La situazione, però, è molto fluida e, malgrado la nota di Fli, sabato prossimo a Perugia potrebbe consumarsi l'atto finale del confronto tra Berlusconie Fini. Se davvero dovessero emergere chiare responsabilità del premier, l'ex leader di An potrebbe arrivare infatti alla mossa estrema: annunciare il ritiro della delegazione futurista dall'esecutivo.

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Nell'ultima fatica letteraria del conduttore di Porta a Porta, Berlusconi sottolinea poi che «non sono mosso da ambizioni politiche il sacrificio a cui mi sottopongo è grande, a volte gli impegni sono disumani, ancorché sia aiutato nella quotidianità dell'azione di governo da quella straordinaria persona che è Gianni Letta, ma sto qui per senso di responsabilità».

Dunque non ci saranno cedimenti da parte del premier. Anche perché, come sottolinea ancora il capo del governo, «so bene che i cimiteri sono pieni di persone indispensabili, ma credo che se dovessi ritirarmi ora mancherei a un mio dovere e perderei la stima dei tanti italiani che mi hanno dato la loro fiducia». Quanto ai rapporti interni alla maggioranza e ai presunti scricchiolii dalle parti della Lega, da dove è filtrato tutto il malumore di Umberto Bossi per il Ruby-gate, il Cavaliere si dice sicuro della solidità dell'asse con il Senatur. «Bossi è un alleato solido e leale. Nel governo - ricorda - la Lega ha l'importante ministero dell'Interno e quello delle Riforme, diviso a metà tra Bossi e Calderoli».

Né il premier si mostra preoccupato del forte potere del Carroccio che è andato crescendo nelle ultime competizione elettorali. «La Lega ha sempre garantito al governo una lealtà assoluta. Il federalismo, che è la ragione di essere della Lega, oltre a modernizzare lo Stato, sarà un eccellente strumento per il contrasto all'evasione fiscale, delegando ai Comuni un ruolo essenziale: chi sta più vicino ai cittadini, conosce meglio il loro tenore di vita e le loro condizioni economiche». E dal Carroccio giunge l'ennesimo attestato di lealtà nei confronti del Cavaliere. Con il ministro Roberto Calderoli che anche oggi, dopo sabato, è tornato a sbarrare la strada a un esecutivo tecnico. «Macchè governo tecnico, macchè Lega interessata ad un governo tecnico! Io sono preoccupato che qui, profittando delle vicende personali di Berlusconi, sia in atto un colpo di Stato, ma sarebbe il golpe dei fighetta, di quelli che frignano e che non hanno voce e voti. Ma se c'è colpo di stato la rivolta del popolo è legittima»

Calderoli respinge poi al mittente poi le indiscrezioni di stampa che parlano di esecutivi tecnici non sgraditi alla Lega, pronta a recitare il ruolo dell'opposizione. «La Lega, nel caso di governo degli sconfitti, non è partito da fare una opposizione piangina. Come ha detto bene Bossi ieri sera noi mobilitiamo la gente. Nessuno creda che ci piangiamo addosso, noi l'opposizione la sappiamo fare e la facciamo decisa».

Lo spettro di un esecutivo tecnico continua però ad aleggiare sullo sfondo. Tanto da costringere anche i maggiorenti del Pdl, con il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, in testa, a bocciare simili scenari. «In caso di crisi di governo - afferma l'esponente pidiellino - c'è solo il voto». Ma le manovre nella maggioranza continuano, come pure il corteggiamento nei confronti dell'Udc, cui il Cavaliere invia messaggi distensivi, preoccupato forse dell'eccessiva sintonia tra Bersani, Fini e Casini. Da quest'ultimo, spiega Berlusconi, «avremmo gradito e gradiremmo un appoggio alla nostra maggioranza e al Governo. Mi auguro che l'Udc valuti a fondo questa possibilità nell'interesse del Paese». Ma dai centristi arriva un secco no.

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