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Questo articolo è stato pubblicato il 01 novembre 2010 alle ore 20:48.
Le sirene berlusconiane all'indirizzo di Pierferdinando Casini non hanno mai smesso di suonare. E le avances verso il leader dell'Udc e i suoi sono state assai intense soprattutto dopo l'addio dell'ex ministro Claudio Scajola. Rispetto ad allora, però, fanno notare dalle parti di via dei Due Macelli, è passata molta acqua sotto i ponti: il caso Ruby, ma anche il dramma dei rifiuti a Terzigno, come pure la vicenda della casa di An a Montecarlo e soprattutto i cinque punti annunciati da Silvio Berlusconi e rimasti lettera morta finora. Dunque la distanza tra il Cavaliere e Casini si è andata accentuando. Tanto che il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa ha gioco facile nel ribadire che «non abbiamo alcuna intenzione di partecipare a questo governo: o si da una svolta con le dimissioni e l'apertura di una fase nuova o la cosa non ci riguarda».
Insomma, la posizione è rimasta la stessa dei mesi scorsi: la richiesta cioè di un cambio di passo del governo con l'apertura ufficiale di una crisi. E, se all'epoca del dopo-Scajola si sarebbe forse potuto materializzare un appoggio esterno a un nuovo esecutivo guidato dal Cavaliere dopo un passaggio in Parlamento, oggi le chance di un eventuale sostegno dei centristi a un Berlusconi-bis sono praticamente nulle. «Non c'è nessun contatto - aggiunge Cesa - a nessun livello; è il momento della chiarezza e la nostra posizione è chiara da mesi: abbiamo chiesto un governo di unità nazionale che oggi è ancora più urgente. Non si può più attendere, Berlusconi si dimetta, venga in Parlamento proponga quello che vuole proporre e poi vedremo».
Cesa non lo dice esplicitamente, ma tra le righe si legge però un altro messaggio. E cioè che Casini e i suoi valuterebbero con estrema attenzione l'eventuale sostegno, ovviamente sempre dall'esterno, a un esecutivo guidato da un uomo del Pdl indicato dal Cavaliere. «Un'ipotesi più ragionevole rispetto a un esecutivo diretto sempre dal premier- sottolineano da via dei due Macelli -. Ma è un'idea di difficile realizzazione visto che Berlusconi non sembra per ora intenzionato a passare la mano».
Vero è però che il pressing dell'opposizione nei suoi confronti non si placa. E nel Pd, accantonata per ora la mozione di sfiducia al premier, si fa strada un'altra ipotesi. «Vorrei lavorare a una mozione di censura - ha spiegato ieri il segretario Pierluigi Bersani - per aprire una fase nuova e coinvolgere anche forze che vanno oltre il centrosinistra». Unas scelta che servirebbe ad agganciare anche i finiani, in difficoltà davanti a una mozione di sfiducia in senso stretto come annunciata dal leader dell'Idv Antonio Di Pietro. I contatti tra Pd, Fli e Udc vanno avanti. Con questi ultimi che, pur giudicando controproducente qualsiasi strumento parlamentare in chiave anti-berlusconiana, non farebbero comunque mancare il loro via liberaa a una mozione di censura o di sfiducia. Ma per stringere all'angolo il Cavaliere serve soprattutto l'ok di Fini.