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Le elezioni di mid-term referendum su Obama. I sondaggi indicano una pesante sconfitta

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2010 alle ore 08:16.

Oggi l'America si reca alle urne per le elezioni di metà mandato. È un'America volatile, preoccupata da tassi di disoccupazione ostinati, da disavanzi pubblici mai visti, da una crisi immobiliare che sembra perpetua, da una riforma sanitaria di cui non si conosce ancora l'impatto.

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In questo voto l'America ansiosa esprimerà un referendum sul presidente Barack Obama con un esito annunciato da sondaggi che si muovono tutti in una direzione: quella del pollice verso. Il 45% degli elettori ha confermato in un sondaggio di ieri del WSJ/NBC di voler esprimere un voto di protesta contro Obama. Brutta storia. La manifestazione dei comici di sabato alla fine non ha funzionato: non poteva colpire l'immaginazione degli incerti una manifestazione anti Tea Party la cui leadership era affidata non a un movimento o a un leader politico, ma a due comici come Stephen Colbert e Jon Stewart.

Le notizie negative sulla mobilitazione giungono anche dal voto afroamericano. Alla Casa Bianca si cercava un rigurgito di orgoglio fra i neri, di solidarità con il loro presidente, stretto nell'angoolo da una delle più sfavorevoli congiunture politiche ed economiche della storia. I predicatori battisi hanno risposto. Raphael Warnock, dal pulpito della chiesa battista di Atlanta che fu di Martin Luther King e George McRae, in una chiesa battista di Miami hanno fatto un appello al voto. «Migliaia di nostri fratelli e sorelle sono morti per fare sì che noi potessimo andare a votare per il nostro candidato. Grazie, signore» ha detto McRae implorando di votare per Kendrick Meek che corre in Florida per diventare il primo senatore nero dello stato. Ma il voto di colore in questo 2010 sembra disilluso e passivo, come lo era in passato.

Si vota per rinnovare l'intera Camera, un terzo del Senato e 39 governatori su 50. Le notizie della vigilia davano un quadro ancora più negativo alla Camera per i democratici di quello della settimana scorsa. I seggi certi per i repubblicani restano fermi a 224. Quelli democratici sono precipitati a quota 167 con 44 seggi incerti. Al Senato siamo a quota 48 democratici contro 45 repubblicani, ma ci sono otto seggi incerti. Da un sondaggio di Gallup emerge a livello nazionale un 55% a favore dei repubblicani e un 40% a favore dei democratici, risultato considerato «senza precedenti per una vigilia elettorale di questo genere». E dunque un doppio sorpasso, anche se improbabile, all'alba di questa mattina era ancora possibile.

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I repubblicani dovrebbero anche assicurarsi la maggioranza dei governatori. Ma perderanno alcuni seggi chiave: in Colorado, Minnesota, Massachusetts, ma soprattutto California, lo stato più popoloso, dove Meg Withman, miliardaria hi-tech armata di un forziere da 140 milioni di dollari dei suoi fondi personali, si avvierà mestamente verso la sconfitta contro Jerry Brown, che ha speso 25 milioni di dollari e si trova lo stesso in vantaggio di almeno sei punti. La California resterà uno degli stati contrarian rispetto all'umore della Nazione. Il movimento dei Tea Party non ha attecchito. Il senatore democratico Barbara Boxer vincerà contro Carly Fiorina, altra stella cadente di Silicon Valley e Loretta Sanchez, democratica, ex imprenditrice, in una battaglia chiave per la Camera, confermerà quasi certamente il suo seggio contro il repubblicano Van Tran.


Per la terza elezione consecutiva gli americani manderanno a casa la maggioranza. In tutto questo si consuma il dramma di Obama. Chi gli ha parlato negli ultimi giorni lo ha trovato stanco e abbacchiato. Sotto attacco dei pundits oltre che degli avversari politici, in rotta di collisione con la grande stampa che lo adorava, con il mondo degli affari sempre schierato contro di lui e con gli ex sostenitori di Hillary Clinton e quelli dell'ala sinistra del suo partito contro di lui. La sconfitta gli servirà. Come diceva Frank Sinatra in My Way, ha «bit off more than he chew», ha «morso più di quanto potesse masticare».

La destra repubblicana dal volto moderato (di Christian Rocca)

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