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Giovedì l'ora X del Cavaliere. Bossi ribadisce la sua lealtà e sprona il governo ad andare avanti

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2010 alle ore 18:28.

Non sarà una direzione nazionale qualunque. Non foss'altro perché la riunione che attende giovedì Silvio Berlusconi, il quale domani mattina riunirà i vertici del partito e alcuni ministri a palazzo Grazioli, sarà allargata a tutti i deputati e i senatori del partito. Al centro Santo Spirito in Sassia arriveranno dunque non solo i 120 membri eletti dal congresso, i componenti dell'ufficio di presidenza e i responsabile di settore che, statuto alla mano, costituiscono la direzione nazionale, ma ad ascoltare il Cavaliere ci saranno anche i 371 parlamentari del Pdl. Una grande adunata, il primo vero confronto dopo l'ultimo scandalo che ha travolto il premier. Che stasera ha incontrato Umberto Bossi e lo stato maggiore della Lega per ricompattare l'asse con il Carroccio.

Un'ora di faccia a faccia nel corso del quale il Senatur ha ribadito la sua fedeltà al Cavaliere e il suo niet a un esecutivo tecnico. «Si è deciso di andare avanti con l'azione di governo - sintetizzano al termine del confrontio i capigruppo del Carroccio in una nota - per realizzare i 5 punti delle riforme presentati in Parlamento». La linea dunque è chiara: bisogna concentrarsi sulle cose concrete, portare a casa i provvedimenti. A cominciare dal federalismo tanto caro a Bossi. Che avrebbe perciò spronato Berlusconi a riprendere in mano la situazione, a cominciare dal Pdl atteso dalla mega assemblea di giovedì.

E la richiesta di allargare la direzione anche ai deputati e ai senatori sembra sia giunta proprio dai capigruppo di Camera e Senato. Preoccupati dello sbandamento a cui il partito è sottoposto dopo il Ruby-gate. «È un tentativo - racconta un berlusconiano doc - per ricompattare le fila anche e soprattutto dopo le voci di nuove defezioni di parlamentari pronti a rimpinguare la pattuglia di Futuro e Libertà». Insomma, il Pdl prova a correre ai ripari nella speranza che dal premier arrivi un colpo d'ala capace di rilanciare davvero il partito e cancellare le ansie che serpeggiano in Parlamento.

La missione, però, non è delle più semplici perché giovedì il Pdl sarà chiamato anche a varare le nuove regole per la nomina dei coordinatori locali che saranno ultimate domani dalla commissione statuto. Nuovi criteri che, si racconta ai piani alti di via dell'Umiltà, non piacciono granché nemmeno al Cavaliere. Il quale ha espresso più di qualche perplessità davanti alla bozza predisposta dai tre coordinatori e e licenziata poi dall'ufficio di presidenza (guarda la mappa interattiva). Che tenta, almeno sulla carta, a disegnare un partito più democratico e plurale, coinvolgendo realmente la periferia del Pdl, ma il tentativo non appare poi tanto convincente.

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Prova ne è il fatto che sia la nomina dei coordinatori regionali che quella dei responsabili provinciali rimane sostanzialmente nelle mani del premier. Come? In sostanza la bozza del triumvirato prevede che i coordinatori regionali e provinciali siano indicati, non nominati si badi bene, da assemblee ad hoc (da cui, però, sono tagliati fuori gli iscritti del Pdl) chiamate a individuare i possibili candidati. I quali vengono poi proposti a Berlusconi che ha comunque la possibilità di non tener conto dell'indicazione proveniente dall'assemblea. Ed è proprio questo l'aspetto che non convince il Cavaliere. Berlusconi è infatti consapevole che il Pdl è allo sbando, che il territorio scalpita per una maggiore partecipazione nella gestione del partito e dunque, e non è l'unico, teme una rivolta degli iscritti. Che verranno sì coinvolti nelle nomine dei coordinatori provinciali e comunali ma solo in un secondo momento. Perché, per ora, l'obiettivo è predisporre entro Natale le assemblee regionali e provinciali che dovranno indicare al premier i papabili al ruolo di coordinatore.

Insomma, il Pdl continua a ruotare attorno al premier nella nomina delle caselle più importanti. Che pure, nello statuto approvato nel marzo 2009 dal primo e finora unico congresso nazionale del Pdl, dovevano essere nominate dai congressi territoriali a eccezione dei coordinatori regionali nelle mani del Cavaliere. Ma così non è stato e i dirigenti del Pdl sul territorio, da quelli provinciali a pochi nominati in seno ai grandi Comuni, sono stati nominati tutti in deroga applicando le norme transitorie dello Statuto che di fatto lasciavano al premier ampia libertà di manovra. Come dire che, per una vera rivoluzione dal basso nel Pdl, c'è ancora parecchio da attendere.

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