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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2010 alle ore 08:14.
Sicilia, Trapani, 24 gennaio 1983. Sera, poi notte. Due uomini e più musiche. Beethoven, ma anche il jazz. Le ore si fanno piccole e la conversazione si concentra sulle sinfonie, sui movimenti. Una passione comune certo, ma anche uno svago. Perché quei due uomini sono due dei tre sostituti procuratori alla procura di Trapani. Uno si chiama Giangiacomo Ciaccio Montalto e abita in una villetta di Valderice, dove quella sera ospita il collega Bernardo Petralia. Poche ore dopo, il 25 gennaio Ciaccio Montalto è ucciso a colpi di pistola davanti a casa.
Sicilia, Marsala, autunno 2010. Bernardo Petralia, ma per molti è Dino, ha da poche settimane concluso un'esperienza di 4 anni al Consiglio superiore della magistratura. Ha davanti, a breve, possibilità importanti di carriera. Fa però, nell'immediato, una scelta diversa. Quella di tornare "soldato semplice", di nuovo in procura, a Marsala questa volta, come umile sostituto. «Una maniera per provare a rinsaldare quel filo che per me non si è mai spezzato – spiega Petralia –. Ma anche una maniera per testimoniare che i magistrati sono disponibili a rimboccarsi le maniche e non solo a essere identificati come pericolosi sovversivi».
Perché la situazione alla procura di Marsala, come in molti altri uffici giudiziari del paese, è drammatica. Oltre al capo procuratore sono previsti in organico 8 sostituti. Ma solo uno è effettivamente presente: 2 sono in maternità e gli altri mancano proprio. Solo a primavera inoltrata potranno arrivare d'urgenza 2 uditori. Il divieto, introdotto dal nuovo ordinamento giudiziario targato centro-destra, confermato poi dal centro-sinistra, di iniziare la carriera in magistratura come pubblico ministero ha provocato il progressivo svuotamento soprattutto delle Procure medio piccole del Meridione.
E se la scelta fatta da Petralia rappresenta anche un segno di fedeltà alla propria storia, oggi non ci sarebbero le condizioni per poterla riproporre. Anche nelle sue ombre, certo. Perché in quel 1983 a Trapani i sostituti procuratori erano tre. Oltre a Ciaccio Montalto e Petralia, il terzo era Antonio Costa che, due anni dopo, venne arrestato per corruzione. Il capo procuratore Giuseppe Lumia venne trasferito ad altra sede. Il bene e il male a stretto contatto così. Nello stesso ufficio, a compromettere la medesima presenza dello stato.