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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2010 alle ore 18:33.
Raccontano, dal suo entourage, che gli ultimi sondaggi non hanno poi così stupito il leader centrista Pier Ferdinando Casini. Anche se quel 21,1%, accreditato da una rilevazione Ipsos-Sole 24 Ore a un grande centro che includa Udc, l'Api di Francesco Rutelli, l'Mpa di Raffaele Lombardo e naturalmente i finiani, è un dato che supera le più rosee aspettative. Ma soprattutto conferma la bontà delle sue scelte: in caso di elezioni nessuna alleanza né con Silvio Berlusconi né con il Pd. Il perché è presto detto: a via dei due Macelli sono piaciute poco le ultime mosse del segretario dei democratici. «Bersani - sintetizza uno dei fedelissimi di Casini - ha fatto una scelta e sta rivolgendosi soprattutto a sinistra per le alleanze».
Il numero uno dei centristi, invece, in quella direzione proprio non vuole guardare. Anzi, Casini, rinfrancato dai sondaggi, si muove per dare sostanza al grande centro. E per questo attende le prossime mosse di Gianfranco Fini. Cui ha chiesto una presa di posizione chiara illustrandogli i possibili futuri scenari. E soprattutto rassicurandolo che i centristi non saranno una ruota di scorta per il governo Berlusconi. Il divorzio con l'ex alleato è ormai irreversibile. «Non entreremo mai e poi mai nell'esecutivo», è il mantra di Casini e dei suoi. Che dunque continuano la loro sottile guerra di posizione.
E sono pronti a far blocco con il resto dell'opposizione e con i finiani alla bisogna. Come accaduto ieri in commissione Bilancio alla Camera con il governo andato sotto sul dl stabilità su due emendamenti gemelli, uno dei quali presentato proprio dall'Udc. Che tengono carica nel cassetto anche un'altra arma: quella della legge elettorale su cui i contatti tra centristi, Pd e finiani sono continui. Tanto che l'accordo è ormai vicinissimo. E, se domenica da Fli dovesse arrivare un colpo d'ala, il superamento del porcellum può diventare il terreno per l'ultima sfida al cavaliere.