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Confindustria Padova: acconti fiscali in Veneto. Storie di imprenditori dal cuore dell'emergenza

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2010 alle ore 17:24.

La comunità e il sistema produttivo del Veneto hanno subito danni durissimi dal maltempo di questi giorni che, dopo il miglioramento del pomeriggio, dovrebbe tornare nei prossimi giorni. Secondo Confindustria Padova, che ha appoggiato la proposta del governatore Luca Zaia di versare gli acconti Ires e Irpef di fine novembre e quello Ici di metà dicembre direttamente nelle casse del Commissariato per l'alluvione, sono un'ottantina le imprese più colpite. Mandateci le vostre storie a questo indirizzo.

"Abbiamo chiesto la cassa integrazione per i nostri dipendenti, ma dobbiamo tornare subito a lavorare altrimenti perderemo le commesse", racconta Letizia Tecchio, titolare della Tecchio Srl che produce piattaforme per il lavoro aereo a Ospedaletto Euganeo, in provincia di Padova. Alle 13 del 2 novembre scorso l'acqua, sconfinata dall'argine vicino, è arrivata fin sopra le scrivanie al piano terra dello stabilimento, mettendo fuori uso i computer e l'intero impianto elettrico.

"Nessuno ci ha avvisato – ci tiene a precisare la titolare -. Pare che l'argine sia stato rotto appositamente per far defluire l'acqua. Immagino che non prevedessero un disastro del genere, ma almeno sarebbe stato corretto avvisare le famiglie e le aziende della zona".

La zona industriale di Ospedaletto, nella Bassa Padovana, si è allagata in poche ore provocando ingenti danni in numerosi stabilimenti di imprese locali, spesso di piccole dimensioni e per la maggior parte artigiane. "Siamo stati i primi ad essere investiti dall'acqua – raccontano i titolari della Tecchio, il cui stabilimento si trova particolarmente in pendenza rispetto al livello del manto stradale -. Alle 8 di mattina, quando siamo arrivati, il piazzale antistante stava iniziando ad allagarsi. Siamo corsi a prendere i sacchi di sabbia, ma non abbiamo fatto in tempo. Verso le undici l'acqua era già entrata".

Nessun soccorso immediato, solamente tante telefonate durante le prime ore: "Abbiamo chiamato tutti. Personalmente ho contattato anche il sindaco. Ci dicevano di portare pazienza, che non eravamo gli unici". Fortunatamente, prima che l'acqua superasse il metro di altezza, sono stati messi in salvo 15 camion, pronti per la consegna e alcuni macchinari. "Speravamo che l'ascesa dell'acqua terminasse – racconta Letizia Tecchio -, ma così non è stato. Mio marito è rimasto bloccato dentro lo stabilimento fino a sera, quando sono venuti i vigili del fuoco a farlo uscire". Dentro, a difendere con le proprie mani l'azienda di famiglia, gli investimenti di una vita.

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L'esondazione del Bacchiglione a Cresole di Caldogno in una foto del 2 novembre scorso (Ansa)

In Veneto non piove più, ma domani peggiora. Aziende chiuse, protestano industriali e artigiani

Non piove praticamente più da qualche ora sul Veneto. In pianura è uscito anche il sole. Resta

Tags Correlati: Confindustria | Letizia Tecchio | Luca Zaia | Management | Padova | Tecchio Srl | Veneto

 

La mattina dopo era ancora tutto allagato. Ci si poteva muovere per le strade solamente in barca. Dopo due giorni, il 5 novembre, l'acqua dentro lo stabilimento è scesa e i titolari sono potuti entrare per la prima volta, per stimare i danni. "La nostra stima provvisoria dei danni è pari a circa 200mila euro, ma è destinata a crescere: dovunque mi giri, scopro qualcos'altro", fa sapere la titolare, appesa in queste ore al cellulare per chiedere chiarimenti a Comune e associazioni di categoria. L'immobile è stato distrutto, l'impianto elettrico è fuori uso, le linee telefoniche andate, e poi ci sono i macchinari: qualcosa si potrà recuperare, qualcos'altro andrà riacquistato.

La Tecchio Srl si è trasferita qui nel 2004, lo stabilimento era abbastanza nuovo. I danni stimati per il momento sono pari a circa il 10% del fatturato annuo e la cassa integrazione è stata chiesta subito per i venti dipendenti dell'azienda. "Dentro queste stime non ci sono i costi che dovremmo sostenere per il personale – fanno sapere -. Anche se per due mesi saremo coperti dalla cassa integrazione in deroga, dovremo continuare a sostenere tutte le altre voci di costo. E poi non possiamo permetterci di stare fermi per due mesi, se vogliamo sopravvivere. Dobbiamo lavorare, consegnare le macchine ai clienti".

La preoccupazione più grande, in questo momento, è quella di non riuscire più a tornare più indietro. "Vorremmo che il ripristino fosse fatto entro la settimana prossima, non entro due mesi – concludono i titolari -. Non chiediamo di metterci a disposizione nuovi stabilimenti, sarebbe troppo difficile pensare a un trasloco. Ma nell'immediato chiediamo contributi e risorse, per far partire prima i lavori. E poi chiediamo meno pratiche, meno burocrazia, per facilitare gli interventi e velocizzare le pratiche. Finora abbiamo dovuto arrangiarci, ora attendiamo risposte".

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