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Bossi vede Fini giovedì: se non passa la finanziaria salta il Paese. Marcegaglia: basta ingovernabilità

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2010 alle ore 12:42.

«Se non passa la finanziaria, salta il Paese». A lanciare un allarme che sa quasi di ultimatum è il ministro delle Riforme e leader del Carroccio, Umberto Bossi, che questa mattina ha effettuato un sopralluogo nelle zone alluvionate del Veneto insieme al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. «Eravamo presi dalle beghe di palazzo, siamo qui a prendere un po' d'aria fresca«, scherza il Senatur. Che si mostra ottimista davanti ai cronisti. «Vedo uno spiraglio? Credo proprio di sì». L'incontro con Fini è dietro l'angolo: i due si vedranno giovedì mattina a Montecitorio.

Insomma c'è ancora margine per ricucire la frattura tra i due cofondatori del Pdl e il leader della Lega, come aveva già provato a fare nei mesi scorsi, veste i panni del mediatore. «Se io ho il mandato a trattare? Sì - chiarisce il numero uno del Carroccio - mi hanno preso il collo e io mi metto sull'attenti», aggiunge Bossi portandosi la mano sulla fronte a mimare il saluto militare. «Ho il mandato di Berlusconi a trattare con Fini , ma anche quello di Fini a trattare con Berlusconi, l'importante è che Fini non si metta a correre». L'obiettivo per i leghisti rimane comunque immutato: portare a casa il federalismo prima che esploda la crisi. Berlusconi ha rassicurato l'alleato in questo senso e ieri sera, nel corso di un vertice ad Arcore con lo stato maggiore della Lega, avrebbe garantito il via libera al federalismo entro Natale, dopo aver promesso a Bossi una visita congiunta nelle zone alluvionate del Veneto.

Dunque la maggioranza riparte dai flebili tentativi di dialogo portati avanti dal Carroccio e soprattutto da un primo fondamentale snodo. Oggi, infatti, alla Camera si cerca la quadra sulla finanziaria (che si chiama in realtà da quest'anno legge di stabilità): in programma un vertice di maggioranza che vedrà seduti allo stesso tavolo il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e i rappresentanti di Pdl, Lega, Futuro e libertà e Mpa. Obiettivo: accogliere le richieste di Fli senza però snaturare il provvedimento e soprattutto evitando assalti alla diligenza. E intanto oggi pomeriggio i finiani hanno mandato di nuovo sotto il governo alla Camera votando insieme all'opposizione un emendamento dei Radicali a una mozione sulla cooperazione tra Italia e Libia.

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I finiani hanno già assicurato che non faranno cadere il governo sulla legge di stabilità. Anche perché proprio ieri il capo dello Stato Giorgio Napolitano aveva richiamato tutti al senso di responsabilità. «La sua approvazione è inderogabile», ha scritto in una nota. Poi da ambienti del Quirinale era giunta una precisazione: nessun intervento del Colle nel confronto interno alla maggioranza. Napolitano non «entra nel merito di nessuno degli scenari politici evocati», ma il presidente della Repubblica ha voluto indicare una immediata priorità rispetto al dibattito politico e gli scenari di crisi evocati in questi giorni.

Preoccupazione, poi, è stata espressa oggi anche dalla numero uno degli industriali Emma Marcegaglia. «La situazione che c'è ovviamente ci preoccupa», dice la presidente di Confindustria a margine di un incontro con il Fondo sovrano Mubadala, al Ferrari World di Abu Dhabi. «Ribadiamo che il Paese va assolutamente governato. Non si può rimanere a lungo in una situazione di incertezza e di non governabilità che penalizza tutti, a partire dalle imprese che devono investire e andare avanti». Il presidente di Fiat John Elkann, presente allo stesso evento, ha subiti condiviso le parole espresse dalla numero uno di viale Astronomia: «Aderisco in pieno a quello che ha detto Emma». (Ce. Do.)

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