Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2010 alle ore 13:28.
«Please, non privatizzate Pompei», implora The Guardian. «Le rovine italiane vanno preservate, non trasformate in un parco a tema». Dopo il crollo della Casa dei Gladiatori, anche la stampa estera interviene nel dibattito su come proteggere uno dei siti archeologici più amati al mondo.
In un commento sul quotidiano britannico Stephen Moss scrive che «il Sole 24 Ore ha chiesto di privatizzare il sito». Idea che egli giudica «mostruosa»: «La bellezza di Pompei è che non si è assaliti da annunci pubblicitari e da gente vestita in toga. Non è un parco a tema».
Moss cita la storica inglese Mary Beard, autrice di «Pompei, la vita di una città romana». La studiosa, si legge sul Guardian, «respinge l'idea che la privatizzazione sarebbe la sua salvezza e chiede uno sforzo internazionale per salvare il sito». La Beard avverte anche che gli inglesi «dovrebbero essere gli ultimi a lamentarsi della cattiva gestione italiana, poiché bombardarono il sito nella Seconda guerra mondiale». «Pompei sopravvisse a quella distruzione», conclude il Guardian, «La disneyficazione sarebbe un nemico più potente».
L'agenzia francese Afp sottolinea la fragilità dei tesori culturali italiani, «indeboliti dalla mancanza di fond»". Nel servizio – ripreso tra gli altri sui siti web del quotidiano francese Les Echos e di quello spagnolo El Economista – viene intervistata Alessandra Mottola Molfino, presidente di Italia Nostra: «Senza manutenzione e senza fondi, l'insieme dei tesori culturali italiani rischiano di crollare», afferma la responsabile dell'associazione ambientalista. «Ogni monumento storico del paese – prosegue - corre lo stesso rischio di Pompei»", dal duomo della cattedrale di Firenze alla Domus Aurea alle mura di città come Lucca. Solo la basilica di San Pietro a Roma e il Duomo di Milano non corrono rischi, grazie «alle imprese specializzate che esistono per assicurarne la manutenzione e colmare ogni minima crepa».
L'articolo dell'Afp ricorda i tagli alla cultura previsti dal governo Berlusconi - 280 milioni di euro in tre anni – e le dichiarazioni del ministro alla Cultura Sandro Bondi, che ha criticato, «senza nominarlo», il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, sottolineando la necessità di avere risorse adeguate.