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Giovannini (Istat) alla conferenza di Milano: sulle donne il peso maggiore della famiglia

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2010 alle ore 11:20.

La famiglia sta sostenendo il peso maggiore della crisi, fa da ammortizzatore sociale, sta bruciando ricchezza per sostenere i giovani. Ma nella famiglia la donna è ancora schiacciata da troppi compiti di cura della casa e dei familiari. E il sovraccarico è più forte sulle donne che lavorano. Questo modello non è più sostenibile.

Lo ha detto il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, nel corso della Conferenza nazionale della famiglia in svolgimento a Milano. Secondo i dati diffusi nel report "La divisione dei ruoli nelle coppie" il 76,2% del lavoro familiare delle coppie è ancora a carico delle donne, valore di poco più basso di quello registrato nel 2002-2003 (77,6%). Gli uomini dedicano ancora troppo poco tempo al lavoro familiare: un'ora e 43 minuti, che salgono a due ore se hanno figli, contro le cinque ore delle madri lavoratrici.

A farne le spese è il tasso di occupazione femminile, inchiodato al 46 per cento e in coda alla classifica europea. Ma come si e' arrivati a questa situazione, che ora puo' essere solo aggravata dalla crisi e non sanata dalla ripresina? «Una donna su cinque lascia il lavoro alla nascita del primo figlio», ha detto Giovannini. Colpa anche della scarsita' di sostegni sociali a loro disposizione. Federica Guidi, presidente dei giovani imprenditori di Confindustria ha spiegato che «Scontiamo anni di mancanza di politiche sui giovani, dando troppe tutele a chi ne aveva troppe e non consentendo ai giovani e anche alle donne di entrare nel mercato del lavoro prima della crisi».

Ora la frittata della crisi è fatta. E resteranno più indietro i cittadini gia' indietro adesso: giovani e donne, hanno fatto notare i leader sindacali nella prima tavola rotonda pomeridiana (Vera Lamonica di Cgil, Pietro Cerrito di Cisl, Lamberto Santini di Uil e Giovanni Centrella di Ugl).

E sono proprio i giovani e i figli gli elementi più fragili della famiglia, in questo momento. «La politica deve scendere in campo per dare risposte su tutti questi temi, dando attuazione al piano di politiche per la famiglia che stiamo discutendo in questa conferenza - ha concluso Il presidente del Forum delle associazioni familiari, Francesco Belletti -. Vigileremo sul governo in modo severo. La nostra proposta di fisco equo con le famiglie, fattore famiglia, e' attuabile. L'abbiamo scritta in modo semplice e messa a disposizione del paese. Che dobbiamo fare più di cosi' per avere risposte? Noi famiglie vorremmo scioperare per dare un segnale forte, ma chi ci sostituirebbe quel giorno nel paese?».

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Belletti ha ricevuto un'ovazione dalle centinaia di delegati in sala, mentre freddezza viene riservata agli esponenti politici presenti, a parte il sottosegretario Carlo Giovanardi, al quale tutti riconoscono tenacia e buona volonta'.

«Il nostro problema è che siamo troppo educati, ma così ci schiacciano», scuoteva la testa in mattinata Mario Sberna, presidente dell'Associazione nazionale famiglie numerose. «In che senso, scusi? E quando mai l'educazione è un problema? Proprio lei, poi, che è un grande educatore con i suoi cinque figli, dice una cosa così strana», ha chiesto (educatamente) un'altra delegata alla Conferenza nazionale della famiglia in svolgimento a Milano. «L'educazione ci impedisce di fischiarli, ma qui non ci siamo proprio: non si vede uno straccio di impegno a difesa delle famiglie italiane in difficoltà».

Ma la pazienza sta finendo, sì che sta finendo. «Se ne accorgeranno tra poco alle elezioni», spiega Sberna: «Eppure bisognerebbe reagire, esprimere dissenso» risponde sotto voce la delegata. «Loro» sono i membri del governo, in passerella alla conferenza (oggi di scena i ministri Gianfranco Rotondi, attuazione del programma di governo, Angelino Alfano, giustizia, e Giorgia Meloni, gioventù) ma a mani vuote. I relatori governativi precedenti, Maurizio Sacconi, lavoro e Mara Carfagna, pari opportunità, non sono riusciti a pronunciare neanche le classiche promesse pre-elettorali mai soggette a verifica successiva. Tutti solo a parlare di valori. Di soldi, parla solo Giulio Tremonti, il vero grande assente della conferenza. Altro che Berlusconi, mai neanche nominato per errore in sala. È Tremonti, quindi, «il killer del welfare italiano, con i suoi tagli da oltre un miliardo nel 2011», tuona una delegata che chiede l'anonimato.

Sotto voce, la rabbia tra i duemila delegati alla Conferenza che hanno discusso il piano nazionale di politiche per la famiglia scritto in bozza dall'Osservatorio ad hoc. Niente da dire sul padrone di casa, il sottosegretario alle politiche familiari Carlo Giovanardi: lui ce la sta mettendo tutta a richiamare l'attenzione sull'ottima bozza, che va emendata solo nella parte fiscale incorporando la proposta fattore famiglia del Forum delle associazioni familiari.

Persino un mite cattedratico come il sociologo Pierpaolo Donati, sherpa del piano come direttore scientifico dell'Osservatorio sulla famiglia (di nomina governativa, come tutti gli altri illustri componenti), ha sbottato a margine di conferenza e alla cena di gala che «è incomprensibile come mai Tremonti e i suoi rappresentanti nell'Osservatorio si siano rifiutati di dare un valore economico ai vari capitoli di spesa pubblica che sarebbero modificati dal piano». Una presa di distanze eloquente, per un piano che solo nella parte sul fisco amico delle famiglie, con una no tax area sulle spese di mero sostentamento, costerebbe 16 miliardi di euro, per quanto spalmabili in più anni e non tutti incrementali.

Il piano, intanto, è in fase di correzione: «Sarà consegnato presto a questo governo a ai prossimi», dice pragmaticamente Giovanardi, che mai una volta ha perso il suo gioviale, emiliano, trascinante ottimismo. Nonostante il fiume di polemiche del primo giorno per la sua difesa della famiglia tradizionale e la condanna del ricorso alla provetta.

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