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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2010 alle ore 12:17.
«Chiedete pure le mie dimissioni, ma sarebbe un atto politicamente e moralmente ingiusto. Non lo merito». Il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, prova a difendersi così nell'aula della Camera nel corso dell'informativa urgente chiesta da Pd e Idv dopo il crollo, il 6 novembre scorso, della Domus dei gladiatori a Pompei «che non aveva segnalato - avverte il ministro - pericoli visibili». «Se avessi responsabilità per ciò che è accaduto sarebbe giusto chiedere le mie dimissioni, anzi le avrei date io - prosegue Bondi -. Se invece facciamo prevalere serietà, obiettività e misura, allora sarebbe giusto riconoscere che i problemi di Pompei come le situazioni in cui versa il patrimonio artistico si trascinano da decenni senza che nessuno sia riuscito a risolverli definitivamente e a impostare una strategia efficace».
Bondi respinge al mittente le critiche. «Posso dire in coscienza di avere svolto un grande lavoro che ha dato dei primi risultati importanti». L'incidente, aggiunge il ministro, «sembrerebbe imputabile dalla pressione sviluppata sulle murature perimetrali dal terrapieno che si trova a ridosso della costruzione e che per le abbondanti piogge di questi giorni doveva essere completamente imbevuto di acqua». Mentre Bondi parla il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha preso il telefono interno al banco della presidenza e ha chiamato il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini, seduto al suo scranno nell'Emiciclo. Tre minuti di conversazione con Fini, che ha nascosto con la mano la bocca, nel corso della quale i due si sono brevemente confrontati sull'iniziativa dei democratici.
Il Pd è infatti intenzionato a presentare la mozione di sfiducia al ministro. Ad annunciarlo in aula è stato il capogrupp di Montecitorio, Dario Franceschini. Certo il sostegno dei dipietristi, ma non quello di Fli che ieri, per bocca del viceministro Adolfo Urso, ha fatto sapere che non voterà la sfiducia a Bondi. I finiani auspicano un passo indietro spontaneo del ministro, come ha fatto capire in aula Fabio Granata. «A Bondi non chiedo le dimissioni ma un atto di coraggio per assumersi fino in fondo le sue pesantissime responsabilità politiche». Mentre l'Udc ufficialmente non ha sciolto le riserve allineandosi alla richiesta di Fli. «Concerteremo con altri partiti dell'opposizione e con Fli i comportamenti più utili«, dice Casini a Montecitorio. Ma è chiaro, è il ragionamento sviluppato in ambienti centristi, che l'Udc non farà mancare il suo appoggio se si dovesse arrivare al voto sulla mozione del Pd.