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Berlusconi: in questo momento ho qualche difficoltà. Letta: ieri una battuta

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2010 alle ore 16:48.

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È cominciato, nel suo studio al primo piano di Montecitorio, l'incontro tra il presidente della Camera, Gianfranco Fini, e il leader della Lega, Umberto Bossi. Presenti anche i ministri Roberto Calderoli e Roberto Maroni. Obiettivo della missione del Carroccio: il salvataggio in extremis della legislatura dopo la minaccia lanciata da Fini, nel corso della convention perugina della sua neonata creatura, di ritirare la componente di Fli dall'esecutivo (Ronchi, Urso, Menia e Buonfiglio) se Berlusconi non andrà al Colle a dimettersi avviando una nuova fase per la maggioranza.

«Quella di ieri era una battuta». Ma detta dal braccio destro del cavaliere, il trattativista a oltranza Gianni Letta, è diventata una notizia.Oggi infatti il sottosegretario ha provato a correggere il tiro rispetto alle dichiarazioni pronunciate ieri quando aveva affermato che le prospettive del governo si stanno restringendo.«Non mi faccia parlare, oggi sono qui per l'inaugurazione di questa università», ha ribattuto Letta alla domanda se vedesse spiragli di intesa dal vertice previsto per oggi tra Bossi e Fini per il governo. «Già ieri - ha aggiunto Letta - per aver fatto una battuta... ero a un convegno della Ericsson dove si parlava delle prospettive della società da qui al 2020. Tutto quello che ho detto è che sono prospettive senz'altro più lunghe di quelle del governo, facendo semplicemente una battuta», ha dichiarato il sottosegretario poco prima di entrare alla cerimonia di apertura dell'anno accademico dell'Università Cattolica di Roma.

Ma cosa ha detto esattamente Letta? «Questo governo che rappresento pro tempore ha prospettive molto più brevi del 2020, e in queste ultime ore sembrano restringersi non ad anni ma a periodi e misure di tempo più contenuti». Da sempre il sottosegretario si spende in qualità di mediatore per ricomporre le fratture all'interno della maggioranza. Ma evidentemente anche il braccio destro del Cavaliere è stato contagiato dal sano scetticismo di Silvio Berlusconi. Che, a detta dei suoi fedelissimi, «non crede affatto che a Umberto Bossi riesca il miracolo». Lo stesso premier questa mattina a Seul per il G20 ha ammesso parlando con il premier vietnamita: «In my country I have some difficulties in this moment» (nel mio paese ho qualche problema in questo momento).

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E basta gettare un occhio al parlamento per capire come mai il cavaliere sia convinto che dall'incontro di stamane tra il Senatur e il presidente della Camera, Gianfranco Fini, non arriverà alcuna ciambella di salvataggio per la sua maggioranza. «È la fine - ammette con amarezza un berlusconiano doc -. Ormai i finiani stanno alzando la posta, martedì il voto con l'opposizione sul trattato con la Libia, e ieri la richiesta di fatto delle dimissioni di Bondi». Senza contare che si vanno avanti le prove di dialogo per un grande rassemblement al centro con Fini che ha incontrato ieri nel suo studio il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini, con cui ormai c'è grande sintonia, e il numero uno dell'Api, Francesco Rutelli.

Insomma le condizioni cambiano di continuo e sono in pochi a ritenere che anche «un grande animale politico» come Bossi possa cambiare il corso degli eventi. «La verità - si lascia andare un fedelissimo del premier - è che il Senatur se l'è presa da sola la briga di trattare perché ha a cuore il federalismo e vuole tentare il tutto per tutto». Dalle parti del cavaliere,dunque, le speranze sono ridotte al lumicino, ma oggi il leader della Lega andrà da Fini, a Montecitorio, per provare comunque il colpo d'ala. Chi ha incontrato ieri Berlusconi prima della sua partenza per la Corea lo descrive molto sereno. «Bossi non ha alcun mandato a trattare il Berlusconi-bis perché il premier - racconta chi lo ha visto -, lo ha detto chiaramente al senatur, non si dimetterà. All'alleato il premier ha detto di ribadire a Fini l'impegno assunto alla direzione del Pdl: il riconoscimento di Fli come terza gamba della maggioranza». L'ipotesi di un Berlusconi-bis resta quindi non percorribile per Berlusconi che pure ci sta riflettendo, ma le insidie che conducono a un nuovo esecutivo guidato dal premier sono troppe.

Fin qui gli impegni (noti) e le preoccupazioni del Cavaliere ma Bossi, pur di salvare il federalismo, potrebbe spingersi oltre. «Il senatur - abbozza un berlusconiano doc che conosce assai bene il leader del Carroccio - potrebbe anche promettere l'indicibile: cioè un appoggio, o meglio una non belligeranza, rispetto un governo tecnico che duri lo spazio di un semestre». Insomma, la legge elettorale in cambio del via libera definitivo al federalismo, foss'anche con un governo di transizione. Proprio quello che la Lega ha sempre negato ufficialmente e che il premier vede come fumo negli occhi. «Ad ogni modo - prosegue la fonte - se anche la missione di Bossi fallisse, la Lega ne trarrebbe un evidente vantaggio perché potrebbe comunque intestarsi l'ultimo tentativo di salvare la legislatura per spenderlo poi elettoralmente».

Le incognite, però, restano tante. Bisognerà vedere innanzitutto quanto Bossi oserà giocare d'azzardo pur di portare a casa l'amato federalismo. E ieri il presidente della Camera ha lasciato che fosse il viceministro Adolfo Urso a ribadire la linea. «Se la risposta alla richiesta di Fini fosse negativa, è ovvio che realizzeremo quello che abbiamo annunciato: ovvero ritireremo la nostra delegazione dal governo». Tradotto: se Bossi non fornirà garanzie precise, i finiani abbandoneranno subito la nave. Come ha ribadito poi anche il falco Fabio Granata. Le dimissioni cioè potrebbero scattare subito dopo l'incontro di Montecitorio, nel pieno della missione di Berlusconi in Corea per il G20. E intanto il Pd rompe gli indugi e avvia la raccolta firme per la mozione di sfiducia al premier.

In questo quadro chi non sembra proprio trovarsi a proprio agio è il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano. Che, durante la sua visita al quotidiano il «Mattino di Padova» ha parlato giovedì mattina delle prerogative del capo dello Stato. Sono le prerogative di «un potere che un tempo veniva definito come un potere neutro, che non è stritolato nella mischia». Al presidente della Repubblica, sottolinea Napolitano, «si riconosce la funzione di rappresentante dell'unità nazionale e di custode dei valori della Costituzione».

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