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Il pm dei minori si rivolge al Csm per Ruby: mai autorizzato l'affido, le versioni di Maroni e Bruti contrastano con la mia

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2010 alle ore 15:19.

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Nuova puntata della vicenda Ruby, la giovane minorenne marocchina arrestata e rilasciata dalla questura di Milano dopo una telefonata del premier. Il pm dei minori Anna Maria Fiorillo si è rivota con una lettera al Csm «in quanto le parole del ministro Maroni, che sembrano in accordo con quelle del procuratore Bruti Liberati, non corrispondono a quella che è la mia diretta e personale conoscenza del caso. Si deve sapere che io non ho mai dato alcuna autorizzazione all'affido della minorenne».

Il pm Fiorillo si occupò nella notte tra il 27 e il 28 maggio della vicenda della marocchina Ruby, la quale secondo la prassi doveva andare in comunità. «Chiedo che la discrepanza con i dati di realtà che sono a mia conoscenza venga chiarita», ha sottolineato Fiorillo. «Penso che sia importante soprattutto il rispetto delle istituzioni e della legalità, cosa a cui ho dedicato la mia vita e cosa in cui credo profondamente - ha dichiarato Anna Maria Fiorillo -. Proprio per questo rispetto della legalità e della giustizia quando le vedo calpestate parlo, perchè altrimenti non potrei più guardarmi allo specchio come un essere umano».

A decidere domani (11 novembre) sulla sorte della lettera inviata da Anna Maria Fiorillo a palazzo dei Marescialli sarà il Comitato di presidenza del Csm, l'organo di vertice guidato dal vice presidente Michele Vietti e composto dal primo presidente Ernesto Lupo e dal procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito. Il comitato stabilirà se debba essere affidata a una delle Commissioni del Csm per un'eventuale istruttoria o se invece non ci siano gli estremi per un intervento di palazzo dei Marescialli.

«Non ho nessuna dichiarazione da fare, né niente da aggiungere a quanto ho già detto nei giorni scorsi», ha commentato il capo della procura di Milano, Edmondo Bruti Liberati. Il capo della procura di Milano aveva spiegato nei giorni scorsi di considerare chiarita la vicenda perché sulla base dell'esame delle carte a disposizione (memorie del pm dei minori e della Questura) la polizia la notte del 27 maggio scorso aveva agito correttamente identificando e fotosegnalando l'allora minorenne Ruby per poi affidarla a Nicole Minetti, consigliere regionale del Pdl.

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Ancora più lapidario Maroni: «Il caso è chiuso». Il ministro ha poi sottolineato che la sua posizione «è la stessa del procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati».

Dopo le parole del pm dei minori il Pd chiede la riapertura dell'indagine, come sottolinea la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia alla Camera, Donatella Ferranti. Il Pd si dice «deluso e sorpreso» dalle spiegazioni fornite dal ministro dell'Interno sulla telefonata del presidente del Consiglio alla Questura di Milano sulla vicenda Ruby, ribadite mercoledì 9 novembre nell'informativa alla Camera (martedì 8 novembre al Senato). Il ministro ha confermato l'assoluta correttezza nell'operato della questura. «Ci ha colpito - ha detto in aula il deputato Antonello Soro - l'incredibile tono burocratico e distaccato con cui Maroni ha letto la relazione frettolosa, banalizzante ed elusiva su fatti gravi che rappresentano plasticamente il crepuscolo personale e politico dell`uomo che guida il Paese».

Per Soro «vi è una questione di abuso di potere del presidente del Consiglio che da palazzo Chigi, nel cuore della notte, interferisce con la normale attività di una questura in favore di una minorenne accusata di furto e per chiederne l'affidamento a una singolare collaboratrice che qualche minuto dopo, senza il minimo scrupolo, abbandona la ragazza al suo destino. E per fare questo ricorre alla menzogna, affermando che la minorenne è parente del presidente Mubarak». Poi l'esponente del Pd tocca il capitolo della sicurezza del premier. «Lo stile di vita di Berlusconi, di cui egli è orgoglioso, lo rende vulnerabile. Se i suoi numeri di telefono privato circolano nel mondo della prostituzione, egli è ricattabile».

Per il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, il ministro Maroni «ha spostato l'attenzione» sul caso Ruby dalla ragazza «sui funzionari della questura» di Milano, «che meno male hanno fatto il loro dovere e per questo li ringraziamo».Il problema per Di Pietro «non è cosa abbiano fatto o non fatto quelli della Questura di Milano, quanto ciò che ha fatto, con artifici e raggiri, il presidente del Consiglio per cercare di trarre in inganno i funzionari, facendo credere loro che la nipote di Mubarak era stata erroneamente fermata, mentre si trattava di una ragazza minorenne, che stava in questura senza documenti e accusata di aver rubato. Soltanto perché lui aveva trascorso insieme alla ragazza graziose serate ha cercato di coprire il tutto e, anzi di più, ha cercato di far credere ai funzionari e al giudice che una persona qualificata e responsabile si sarebbe occupato della giovane.

Per l'eurodeputato dell'Idv e responsabile giustizia del partito Luigi De Magistris, il ministro Maroni ha chiuso il caso per editto. «Mentre infatti Maroni sostiene per editto che il caso non esiste, il pm dei minori, la dottoressa Fiorillo, rende nota la decisione di rivolgersi al Csm parlando di rispetto, legalità e giustizia come valori calpestati. Siamo veramente al paradosso: un ministro dell'Interno che per coprire il presidente del Consiglio è pronto a scaricare la magistratura, occultando il tentativo di ingerenza del capo dell'esecutivo nell'operato della questura di Milano. Il fatto che la questura di Milano abbia agito correttamente rispettando le procedure, come sostiene il ministro Maroni, non azzera la necessità che sia fatta luce sull'intento di Berlusconi di condizionarne l'azione. Soprattutto dopo la decisione presa dal pm Fiorillo che evidentemente sostiene un'altra versione dei fatti».

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