Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2010 alle ore 14:25.
«Si è appena conclusa all'ambasciata italiana a Parigi la cena offerta dal Presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, dopo la conclusione dei lavori odierni dell'Ocse. Il premier ha appena lasciato la sede dell'ambasciata per fare rientro a Roma». Sono esattamente le 23 e 23 minuti del 27 maggio quando l'agenzia Ansa manda in rete questo dispaccio. Berlusconi è a Parigi, nel palazzo dell'ambasciata. Ed è dalla rappresentanza italiana in Francia che, pochi minuti prima di salire in auto, parla al telefono con il capo di gabinetto del questore di Milano, Pietro Ostuni. Berlusconi spiega all'incredulo funzionario di polizia che la ragazza minorenne trattenuta in questura con l'accusa di furto, e cioè Ruby, sarebbe la nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak e che quindi sarebbe opportuno non trasferirla in una struttura di accoglienza ma affidarla alle cure del consigliere regionale lombardo del Pdl, la 25enne ex soubrette di Colorado cafè e di Scorie, Nicole Minetti.
A quell'ora, in realtà, una decisione sulla sorte di Ruby è già stata presa. Avvertita dagli agenti della questura, il sostituto procuratore dei minori di Milano, Annamaria Fiorillo, magistrato di turno quella sera, ha già dato disposizione perché la ragazza marocchina venga affidata a una comunità protetta in attesa dell'intervento del Tribunale. E questa sarebbe stata la conclusione della storia se da Parigi non fosse arrivata quella telefonata.
In via Fatebenefratelli, dunque, l'atmosfera si fa agitata. Ci si chiede cosa fare di fronte a un intervento così irrituale e così importante. Qualcuno chiama nuovamente il magistrato dei minori, che a questo punto prende atto della volontà della Minetti di farsi carico di Ruby e concede il via libera al suo rilascio. Le procedure – come ha ricordato il ministro dell'Interno, Roberto Maroni – sono state formalmente rispettate. Ma la Procura ora vuole vederci chiaro, perché è possibile che nel comportamento di chi era presente in questura quella sera possa configurarsi un'ipotesi di reato.
È dunque la telefonata di Berlusconi a cambiare il naturale corso delle cose. E dire che, poche ore prima, durante la conferenza stampa finale del vertice dell'Ocse da lui presieduto, il premier aveva scatenato le polemiche citando Mussolini: «Come primo ministro – aveva detto – non ho mai avuto la sensazione di avere del potere, forse come imprenditore qualche volta. Cito una frase di colui che era considerato come un grande dittatore e cioè Benito Mussolini: dicono che ho potere, ma quello ce l'hanno i miei gerarchi. Posso solo dire al mio cavallo di andare a destra o a sinistra». Nel caso di Ruby, però, le cose sembrano non essere andate proprio così.