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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2010 alle ore 06:36.
L'ottimismo del primo semestre, con una ripresa del flusso degli ordinativi che lasciava ben sperare in un'inversione del ciclo negativo registrato nel 2009, ha ceduto il passo a un diffusa prudenza. La stessa con cui vengono ora fatte le previsioni sull'andamento degli ordini per il sistema manifatturiero: si arriva a tre, sei mesi. Difficile spingersi oltre. A pesare sulle prospettive per il 2011 dei principali settori produttivi italiani, dopo la brusca frenata della crescita del Pil del terzo trimestre, sono soprattutto due nodi: il dollaro e le materie prime.
Nel brevissimo periodo mandano segnali leggermente positivi alimentare, meccanica, beni strumentali, elettronica, chimica e alcuni comparti della siderurgia (produzione di tubi per il settore oil & gas e di acciai speciali). Gli impianti girano grazie alla domanda estera, mentre quella interna ristagna ancora. E ciò riduce la visibilità sulle commesse.
«Ci sono alcune filiere dell'acciaio che hanno in portafoglio ordini per 3-4 mesi al massimo - afferma Giuseppe Pasini, presidente di Federacciai -, mentre nel periodo pre-crisi si arrivava a quasi due anni». A soffrire di più è la produzione di tondini per l'edilizia, che pesa per il 50% del totale: un mercato praticamente fermo.
È il cambio «proibitivo» del dollaro la spina nel fianco di Vito Artioli, presidente di Anci, l'associazione dei calzaturieri. Nel breve periodo il trend migliora leggermente «con una crescita lenta e a macchia di leopardo, ma l'Europa è in stallo e il Far East non ci offre chance. Va meglio in Russia e qualche speranza potrebbero regalarla gli Stati Uniti, a patto però che il cambio volga a nostro favore». Nel frattempo Artioli auspica la proroga delle misure antidumping, «ma nella Ue abbiamo tutti contro».
Legno-arredo, chimica, abbigliamento, alimentare e meccanica varia chiuderanno il 2010 con il segno positivo, intorno al +2%, ma il sentiment per il 2011 è legato soprattutto all'export. «Sarà un anno molto incerto - sottolinea Giandomenico Auricchio, presidente di Federalimentare –. Prevedo un leggero aumento, intorno all'1-1,5%, della produzione e un export che compenserà la stagnazione interna, nonostante l'incognita dollaro». Prevista una domanda interna in stallo anche da Federchimica, mentre «l'export nella Ue è ritornato ai livelli pre-crisi». Un volàno che, se confermato, dovrebbe portare a fine 2011 una crescita dei volumi pari all'1,5-2 per cento.