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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2010 alle ore 13:08.
Silvio Berlusconi andrà avanti come annunciato: prima il via libera alla finanziaria e poi il confronto parlamentare, partendo dal Senato, per il voto di fiducia al governo. Non cambia dunque la linea del premier dopo il vertice di lunedì sera ad Arcore con lo stato maggiore del Carroccio nel corso del quale il leader della Lega, Umberto Bossi, ha provato a convincere in extremis il Cavaliere ad abbracciare la strada di una crisi pilotata come chiesto da Gianfranco Fini. Ma Berlusconi ha opposto il suo niet.«Non mi fido di Fini», è il mantra ripetuto a Bossi. Che ha così accettato la decisione e confermato la fedeltà del Carroccio al Cavaliere, intenzionato ad andare al voto se non ci sarà la fiducia in Parlamento.
Dunque per il premier è il momento di serrare i ranghi confermando la road map: prima la fiducia al Senato, poi alla Camera. Certo, dopo il via libera alla finanziaria. E lasciando aperta la porta all'ipotesi di andare al voto per la sola Camera se il governo non dovesse incassare la fiducia in questo ramo del Parlamento. Uno scenario reso possibile dall'articolo 88 della Costituzione - scritto quando la durata delle Camere era differenziata in 5 e 6 anni, termini equiparati dal 1963 - ma che il Colle preferirebbe evitare. Il timore del premier è che dietro la richiesta di Fini si nasconda una trappola e il tentativo di metterlo all'angolo, affidando l'esecutivo a un altro esponente del centro-destra. Quindi nessun indietreggiamento. Berlusconi è convinto di riuscire a superare anche le ultime perplessità della Lega. Che, pur di salvare il federalismo, ha lasciato intendere di poter superare anche la preclusione verso un allargamento della maggioranza ai centristi di Pierferdinando Casini.
Martedì intanto Fini e Schifani saliranno al Colle, ufficialmente per esaminare le prossime scadenze parlamentari con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Che continua a ritenere irrinunciabile la necessità di assicurare il via libera alla legge di stabilità, prima di affrontare qualsiasi crisi di governo. Il presidente non intende frenare o dilazionare a crisi. Lo ha spiegato nei giorni scorsi a tutti i suoi interlocutori. Ma neppure sembra disposto ad assistere passivamente a scontri e contrapposizioni frontali che potrebbero produrre gravi danni. E dunque chiederà a Fini e Schifani di organizzare i lavori parlamentari in modo da rispettare la scadenza «inderogabile» dell'approvazione della legge di stabilità.