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Il Fatto quotidiano contro Repubblica sulla sospensione dell'Ordine a Vittorio Feltri

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2010 alle ore 12:34.

Da un lato una delle firme di punta di Repubblica, Giuseppe D'Avanzo. Dall'altra il direttore del Fatto quotidiano, Antonio Padellaro. Il motivo di questa inedita contesa tra giornali di sinistra sta nei tre mesi di sospensione inflitti a Vittorio Feltri dall'ordine dei giornalisti, per aver attaccato su il Giornale l'ex direttore di Avvenire, basandosi su un'informativa poi dimostratasi falsa.

La sospensione del direttore del quotidiano della famiglia Berlusconi ha fatto molto discutere. I quotidiani di destra sono tornati ad invocare l'abolizione dell'ordine dei giornalisti e diversi editorialisti hanno criticato la sanzione contro Feltri. Tra questi anche firme notoriamente distanti dallo schieramento berlusconiano come il direttore del TgLa7 Enrico Mentana, l'ex nu­mero uno dell' Espresso e della Stampa Giulio Anselmi. Ma soprattutto il di­r­ettore del Fatto quotidiano An­tonio Padellaro. Il quotidiano forse più distante dalle posizioni di Vittorio Feltri. Un gruppo bollato come una «policroma assemblea di Tartufi» da Giuseppe D'Avanzo, editorialista di Repubblica. Uno dei giornalisti che ha attaccato più duramente in questi anni il Giornale colpevole di orchestrare una «macchina del fango» per colpire gli oppositori del suo editore.

Ma Padellaro non ci sta e sul Fatto quotidiano scrive una replica al vetriolo contro D'Avanzo accusato di «attaccare il direttore di un altro giornale solo perché quel giornale toglie copie a quello che gli paga lo stipendio».

Nel suo articolo Padellaro racconta la sua lunga storia di scontri con Vittorio Feltri. A partire da quando erano colleghi al Corriere della Sera negli anni '80, «ma su fronti opposti ai tempi della direzione di Alberto Cavallari». Padellaro definisce il suo ex direttore «un grande galantuomo che aveva risollevato il Corriere dal fango della P2 (la loggia massonica di Licio Gelli di cui faceva parte anche Silvio Berlusconi e che si era infiltrata a via Solferino ndr.) trovandosi conto l'allora potentissimo Bettino Craxi». Pur di cacciare Cavallari, «Feltri e i manipoli di craxiani - ricorda Padellaro - non esitarono a scatenare una guerra civile nelle stanze di via Soleferino» che portò alla sostituzione di Cavallari con Piero Ostellino.

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Vittorio Feltri

Feltri sospeso dall'Ordine per tre mesi dopo il caso Boffo. Potrebbe lasciare il Giornale

Il consiglio dell'ordine nazionale dei giornalisti ha ridotto da sei a tre mesi la sospensione

 

«Da allora - prosegue - tutto mi ha diviso da Feltri e non poteva essere diversamente, avendo egli deciso di mettersi al servizio degli interessi di Silvio Berlusconi sacrificando tutto sull'altare del padrone: anche quel talentaccio che è difficile non riconoscergli. Mi ripugna tuttavia che per qualsiasi ragione al mondo a qualcuno venga impedito di esprimere le proprie pur malsane idee... trovo che se scriviamo delle mascalzonate il discredito presso i lettori e i rigori della legge, nient'affatto tenera con i calunniatori, bastino e avanzino».

E infine la stoccata contro D'Avanzo e Repubblica. «Feltri si mostra per quello che è. Scrive spesso cose orrende ma almeno non pontifica in continuazione e non si ritiene depositario del Verbo. Non attacca il direttore di un altro giornale solo perché quel giornale toglie copie a quello che gli paga lo stipendio. Ciò secondo lo stile scarsamente elegante di una casa, il cui solo dotato di un pizzico di autoironia è il padrone Carlo De Benedetti (il cui libro intervista con Paolo Guzzanti per qualche irriverenza sui Soloni di Repubblica non a caso si è meritato su quel quotidiano una recensione di sei righe sei. Infine il pessimo Feltri non propina ai lettori articolesse di vasta metratura spesso non distinguibili l'una dall'altra». Altra stilettata per prendere di mira lo stile di scrittura non certo asciutto di D'Avanzo.

Infine Padellaro ricorda un episodio che vide protagonisti il giornalista di Repubblica e Marco Travaglio, che del Fatto è una firma di punta. In un articolo del 14 maggio 2008 D'Avanzo attaccò Travaglio (al centro della scena in quei giorni per gli attacchi rivolti al presidente della Camera Renato Schifani alla trasmissione «Che tempo che fa») accusandolo di essersi fatto pagare un soggiorno in Sicilia dall'imprenditore mafioso Michele Aiello. Di qui una polemica a colpi di articoli durata diverse settimane (Travaglio ha poi pubblicato sul suo blog i documenti che lo scagionano dalle accuse). «Insomma - conclude Padellaro - chi è il Tartufo, chi è la fabbrica del fango?»

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