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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2010 alle ore 19:45.
Prima il via libera alla finanziaria, subito dopo si procederà all'esame parlamentare della crisi. È questa la linea condivisa nel corso dell'incontro che si è svolto nel tardo pomeriggio di martedì 16 novembre al Quirinale tra il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e i presidenti delle due Camere, Gianfranco Fini e Renato Schifani. Un'ora di colloquio per valutare le prossime scadenze parlamentari alla luce del richiamo lanciato più volte nei giorni scorsi dall'inquilino del Colle che ha chiesto alle forze politiche di dare priorità alla legge di stabilità prima di affrontare la verifica parlamentare della maggioranza.
I tempi della verifica. I presidenti di Camera e Senato, al termine dell'incontro, hanno concordato che il Senato concluderà l'esame della legge di stabilità (leggi l'abc del provvedimento) entro la prima decade di dicembre. La mattina del giorno 13 si svolgeranno al Senato le annunciate comunicazioni del governo. Sempre il 13 nel pomeriggio alla Camera, si svolgerà il dibattito sulla mozione di sfiducia presentata da Pd e Idv. Il giorno successivo, dunque il 14 dicembre, avranno invece luogo le votazioni. L'indicazione sarà poi sottoposta alle due conferenze dei capigruppo di Montecitorio e di palazzo Madama (convocata per mercoledì alle 12.30). Sempre il 14 dicembre è attesa la pronuncia della Consulta sul legittimo impedimento.
La soddisfazione del premier. Era quello che chiedevo: così Silvio Berlusconi avrebbe commentato con dirigenti del Pdl la decisione presa nel corso del vertice del Quirinale. La linea ha spiegato il Cavaliere ai suoi resta quella decisa con Umberto Bossi: nel momento in cui il governo dovesse ottenere la fiducia solo al Senato e non a Montecitorio io mi recherò da Napolitano a chiedere lo scioglimento della Camera o di entrambe. Ovviamente, avrebbe sottolineato il Cavaliere, la decisione finale spetta al capo dello Stato.
L'asse tra la Lega e Berlusconi per il voto a fine marzo. La soluzione del voto contestuale alla Camera e al Senato «paga un po' di qua e un po' di là», ha commentato invece Umberto Bossi. Che ha poi aggiunto «bisogna mantenere la pace». Il numero uno della Lega si è detto poi certo che il federalismo non corra rischi anche se il governo dovesse cadere nel voto di fiducia del 14 dicembre. «Il governo durerà fino al 27 marzo, quindi...», ha precisato Bossi. Che subito dopo ha ribadito il concetto e, a un cronista che lo ha interpellato sempre sul possibile terreno accidentato del federalismo, ha replicato così. «Sei un uomo morto...». E il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, che lo accompagnava, ha aggiunto. «Studiatevi le leggi, così non fate queste domande a vuoto». Una data, quella del 27 marzo, che non sembra indicata per caso. Il governo, secondo questi calcoli, cadrebbe a gennaio in modo da approvare il federalismo comunale. E l'ultima domenica di marzo, tra l'altro, potrebbe essere un giorno utile anche per lo svolgimento delle elezioni comunali a Milano, Napoli, Torino e Bologna nel cosiddetto election day.