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Inizia l'esame della manovra al Senato. Tremonti punta a reintegrare i fondi del 5 per mille

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2010 alle ore 17:53.

Parte blindato l'esame del ddl stabilità e del ddl Bilancio in Senato, anche se il ministro Tremonti apre alla possibilità di una reintegra dei fondi per il 5 per mille. Il fondo attuale, pari a 100 milioni, è iniziale e può - deve - essere integrato», sottolinea Tremonti dalle colonne del Fatto Quotidiano. Il ministro ricorda come il fondo iniziale di 400 milioni è stato poi «eroso da successive diverse scelte parlamentari» per incrementare, a esempio, i fondi per l'editoria e per le televisioni private. «Rispetto a tutte le altre scelte, preferivo e preferisco in assoluto il 5 per mille. E voterò dunque per reintegrarlo. Fermo il vincolo di invarianza nella spesa pubblica - conclude - spero che molti altri in Parlamento orientino il loro voto verso questa
priorità».

Intanto ddl stabilità e di bilancio hanno fatto il loro ingresso al Senato. L'orientamento dichiarato del governo è quello di approvare in via definitiva il testo arrivato dalla Camera, che è già lievitato a Montecitorio rispetto alla versione solo "tabellare" originaria. L'obiettivo è quindi di non aprire un nuovo vaso di Pandora prima del 14 dicembre. A confermare questo orientamento il sottosegretario all'Economia, Luigi Casero, e i due relatori, al ddl stabilità Paolo Tancredi e al ddl Bilancio Vanni Lenna (entrambi Pdl). A sollecitare invece modifiche è l'opposizione: il Pd, con Paolo Giaretta, punterà su alcuni emendamenti significativi (su fisco, lavoro, Sud, territorio 5 per mille). Giaretta spiega: «siamo stati noi a chiedere in capigruppo un calendario che consente una eventuale terza lettura alla Camera». Servono, aggiunge, «misure di sviluppo».

Venerdì alle ore 20 scadono i termini per la presentazione degli emendamenti e lunedì comincerà l'illustrazione. Le votazioni sulle proposte di modifica dovrebbero iniziare già martedì. L'approdo in Aula è previsto per il lunedì della settimana successiva e il via libera per martedì 7 dicembre. Non si preannucia semplice la partita sulle aste sulle frequenze per le telecomunicazioni che dovrebbe portare entrate per 2,4 miliardi. A sollevare dubbi sull'effettivo ammontare del gettito atteso sono i tecnici del servizio Bilancio del Senato: a loro giudizio infatti il meccanismo e le scadenze individuate rischiano di rendere non appetibile per gli operatori le gare. Non sono poi esclusi eventuali contenziosi da parte delle emittenti locali che attualmente occupano le frequenze in oggetto.

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Nel dossier del Servizio Bilancio del Senato si osserva infatti che i quindici mesi previsti tra la materiale acquisizione delle frequenze, liberate dal passaggio dalla tv analogica a quella digitale (il 12 dicembre 2012), e l'esborso effettuato (il 30 settembre 2011) «potrebbe costituire un deterrente rispetto alla decisione di prendere parte alla gara in oggetto». Inoltre, «un numero rilevante di emittenti locali, che hanno ricevuto un'assegnazione pluriennale» per l'uso di una frequenza «potrebbero innescare procedure di contenzioso per tentare di evitare, o quanto meno rimandare, l'abbandono delle frequenze acquisite prima della scadenza del titolo: la considerazione di tale eventualità potrebbe dunque scoraggiare eventuali concorrenti o per lo meno rallentare la procedura d'asta».

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