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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2010 alle ore 16:43.
Silvio Berlusconi archivia il caso di Mara Carfagna, facendola rientrare nei ranghi, e carica i suoi chiedendo loro di restare uniti e calmi in vista del rush finale che porterà al voto del 14 dicembre. Così detta la road map, tra palazzo Chigi, dove ha incontrato le parti sociali per illustrare il piano Sud, e la sua residenza romana, con un ufficio di presidenza del Pdl di appena un'ora per delineare le prossime mosse. La linea resta una sola: il Cavaliere è certo di avere i numeri in Parlamento per andare avanti, ma se ciò non accadrà l'unica strada è quella delle elezioni.
Lo dice anche al tavolo per il piano Sud convocato dal governo in mattinata. Dove Berlusconi ribadisce la volontà di proseguire a tambur battente con i cinque punti sui quali ha ottenuto la fiducia a fine settembre (domani il piano per il Mezzogiorno in Cdm, martedì prossimo la riforma della giustizia). Quindi trova il tempo di tornare sulla puntatà di Ballarò er rinnovare l'accusa al servizio sui rifiuti mandato in onda dal programma di Giovanni Floris «Non guardo i giornali e non leggo la tv», confessa il premier. La segretaria della Cgil, Susanna Camusso, risponde pronta. «Non si direbbe». Immediata anche la replica del premier. «Guardavo il Milan - spiega Berlusconi - poi nell'intervallo ho visto un servizio mistificatorio. Prometto di non guardare più la tv tra il primo e il secondo tempo di una partita». Poi il premier si lascia anche andare a uno sfogo, in cui si legge un sottile riferimento all'ex alleato Gianfranco Fini. «Chi ha creato questa condizione - spiega il premier - deve sapere che, in un momento di crisi economica e monetaria internazionale, è da irresponsabili andare alle elezioni».
Insomma, come dicono anche i suoi, da Ignazio La Russa a Franco Frattini, uscendo nel pomeriggio dall'ufficio di presidenza, «il Cavaliere lavora per non andare al voto anticipato». Tradotto: si muove per assicurarsi la fiducia sia alla Camera che al Senato. Anzi, c'è anche chi azzarda la possibilità di superare brillantemente l'asticella della maggioranza assoluta a Montecitorio. «Contiamo di avere non una maggioranza minima - spiega Frattini -, ma di andare oltre i 316 voti. Sappiamo che ci sono dubbi crescenti anche nell'opposizione e confidiamo in qualche scelta politica di non votare». Il premier è dunque convinto di potersi assicurare una maggioranza solida in Parlamento, ma se così non fosse ha rimarcato ai suoi che andrà al Colle con il fido Bossi per chiedere di tornare davanti agli elettori. Dunque nessuno spazio per eventuali sue dimissioni (come continuano a chiedere finiani e centristi) né per ribaltoni. (Ce. Do.)