House Ad
House Ad
 

Notizie Americhe

Attesa fredda per il summit sul clima

Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2010 alle ore 06:45.

L'anno scorso, a litigare fino a tarda ora, seduti intorno a un tavolo, c'erano Barack Obama e Wen Jiabao, Lula e il primo ministro indiano Singh. C'erano Merkel, Sarkozy, Barroso e altri grandi ancora. Quest'anno invece, i 194 governi delle Nazioni Disunite saranno perlopiù rappresentati dai ministri dell'Ambiente.

La differenza fra il vertice climatico di Copenhagen (finito con un accordicchio notturno per celare il fallimento della leadership globale) e quello che comincia oggi a Cancun, sta tutta qua (leggi la cronistoria dei trattati sul clima). Nessuno scommette un soldo bucato sulla possibilità di raggiungere un'intesa su un nuovo trattato internazionale da consegnare alla Storia. Neppure in altre due settimane di negoziati.

Alcuni giornali riportano che Christiana Figueres, la nuova timoniera dell'Unfccc (l'organismo delle Nazioni Unite che sovrintende a questi negoziati climatici) avrebbe escluso di riuscire a vedere un trattato internazionale nell'arco della ua vita. Parrebbe uno scivolone, in bocca a una diplomatica di carriera che, a 54 anni, ne ha ancora tanti da vivere. A meno che non sia una strategia. Copenhagen era stato venduto all'opinione pubblica come «l'ultima possibilità per salvare il mondo»: non solo da Greenpeace, ma anche da parecchi capi di Stato e di governo. E alla fine, quello slogan s'è trasformato in un boomerang: dopo il fallimento, la spinta politica verso un accordo planetario sul contenimento delle emissioni-serra, ha perso forza.

Da questo punto di vista, il vertice che fino al 10 dicembre popolerà le bianche spiagge di Cancun, sull'estremità più orientale del Messico, parte con il piede giusto: senza aspettativa alcuna.

Lo scenario diplomatico è a dir poco complicato. Con il Copenhagen Accord, non tutti i paesi del mondo, ma tutte le maggiori economie, Cina inclusa, promettono di voler contenere l'aumento della temperatura media planetaria entro i 2 gradi centrigradi, che gli scienziati definiscono come la soglia di pericolo (il calcolo parte da inizio Novecento e +0,7 gradi ci sono già). Ma le promesse sui tagli alle emissioni sottoscritte fin qui, lo dicono le stesse Nazioni Unite, non sono sufficienti.

L’articolo continua sotto

L'aria di Cancun una grande ribalta per piccoli passi

Si apre oggi a Cancun, in Messico, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. In

La cronistoria dei negoziati sul clima

1988Nasce l'Ipcc, Intergovernamental Panel on Climate Change, costituito all'interno delle Nazioni

Tags Correlati: Barack Obama | Bill Change | Brasile | Cancun | Christiana Figueres | Cina | Europa | Greenpeace | Inquinamento | Kyoto | Onu | Senato | Su Wei | Unfccc | Wen Software

 

Senza contare che la promessa più importante e più autorevole – quella degli Stati Uniti – è già disattesa prima di cominciare. A Copenhagen, Obama aveva assicurato di voler ridurre del 17% l'anidride carbonica prodotta dall'energivora economia america, entro il 2020. Ma prendendo il 2005 come anno di riferimento, invece del 1990 come fanno tutti. Così, mentre l'Europa ha giurato per legge su un -20%, gli Usa si fermavano idealmente a un misero -4%.

Idealmente, perché gli obiettivi di Obama erano appesi al suo Climate Change Bill. Il quale, dopo essersi arenato al Senato, è diventato impossibile da approvare, ora che le elezioni di mid-term hanno cambiato i pesi e le misure in seno al Congresso. Aggiungiamo che la credibilità americana è già macchiata da quel Protocollo di Kyoto firmato e mai ratificato, e si capisce il disagio espresso a Copenhagen da Su Wei, il capo della delegazione cinese: «L'America non fa mai quel che promette».

In compenso, la Cina è la nuova protagonista. È diventata il primo paese del mondo per emissioni di anidride carbonica: il 24% del totale. Ma è anche il primo investitore in tecnologie per le energie rinnovabili. La Repubblica Popolare crede al climate change e chiede che siano i paesi di più antica industrializzazione a fare la loro parte: la CO2 si accumula per oltre un secolo nell'atmosfera e, quando si parla di responsabilità storiche, solo il 9% deriva dal colosso cinese. E altrettanto sostengono l'India, o il Brasile.
L'Europa resta la paladina di questo processo internazionale. Però il progetto di alzare il proprio impegno climatico dal 20 al 30%, resta condizionato a un'analoga assunzione di responsabilità da parte degli altri inquinatori storici. Una condizione talmente difficile da ottenere, che a Cancun è lecito attendersi una mossa diplomatica a sorpresa da parte di Bruxelles.

Perché un problema c'è. Fra due anni esatti, il Protocollo di Kyoto - l'unico trattato climatico esistente - decade. Sui dettami di Kyoto, l'Europa ha costruito un mercato finanziario da miliardi di euro per lo scambio dei diritti a emettere CO2, che andrà avanti di sicuro fino al 2020 ma - allo stato delle cose - solo in Europa.

Cosa accadrà dopo Kyoto? Nessuno lo sa. I paesi poveri chiedono di prolungarlo, in modo da inchiodare i ricchi alle responsabilità storiche ben descritte nel trattato. Molti altri, come americani e giapponesi, vogliono ricominciare da zero, in modo da imbarcare la Cina, la Corea o il Brasile che, sotto Kyoto, non hanno alcun dovere. Il vertice messicano dovrebbe riuscire a rispondere almeno a questa domanda. In questo mondo globalizzato, dove i confini nazionali sono molti ma l'atmosfera è una sola, i 194 paesi seduti al tavolo di Cancun mostrano il fianco scoperto delle Nazioni Unite: la difficoltà di decidere insieme. Ma se la scienza ha ragione, qui non si tratta di decidere sulle sorti di miliardi di individui viventi. Ma dei miliardi di esseri umani che devono ancora nascere e che, secondo le previsioni, si troveranno ospiti di un pianeta molto, o troppo, diverso da quello dei loro nonni. Si tratta di decidere tutti insieme oggi, pensando a un secolo dopo. Mica facile. Però sarebbe un appuntamento con la Storia.
La storia del summit di Cancun, quella con la esse minuscola, è ancora tutta da scrivere. A fronte di aspettative così basse, non potrà che essere un successo.

Shopping24

Da non perdere

L'esempio di Baffi e Sarcinelli in tempi «amari»

«Caro direttore, ho letto (casualmente di fila) i suoi ultimi tre memorandum domenicali. Da

L'Europa federale conviene a tutti

Ho partecipato la scorsa settimana a Parigi a un incontro italo francese, dedicato al futuro

Non si può privatizzare la certezza del diritto

In questa stagione elettorale, insieme ad un notevole degrado, non solo lessicale, ma anche di

Le sette criticità per l'economia Usa

Quale futuro si prospetta per l'economia degli Stati Uniti e per quella globale, inevitabilmente

Sull'Ilva non c'è più tempo da perdere

La tensione intorno al caso dell'Ilva non si placa. Anzi, ogni giorno che passa – nonostante i

Casa, la banca non ti dà il mutuo? Allora meglio un affitto con riscatto. Come funziona

Il mercato dei mutui in Italia resta al palo. Nell'ultimo mese la domanda di prestiti ipotecari è


Jeff Bezos primo nella classifica di Fortune «businessperson of the year»

Dai libri alla nuvola informatica: Jeff Bezos, fondatore e amministratore delegato di Amazon,

Iron Dome, come funziona il sistema antimissile israeliano che sta salvando Tel Aviv

Gli sporadici lanci di razzi iraniani Fajr-5 contro Gerusalemme e Tel Aviv costituiscono una

Dagli Assiri all'asteroide gigante del 21/12/2012, storia di tutte le bufale sulla fine del mondo

Fine Del Mondo, Armageddon, end of the World, Apocalypse? Sembrerebbe a prima vista roba da