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Questo articolo è stato pubblicato il 08 dicembre 2010 alle ore 16:34.
Dopo nove anni e due presidenze negli Stati Uniti, l'impegno bellico in Afghanistan non è mai parso altrettanto problematico. Oltretutto, come se non fosse già abbastanza difficile contrastare la guerriglia che dilaga e si metastatizza rapidamente e al contempo tenere in riga il governo di Kabul, sta diventano una sfida sempre più ardua anche solo inviare rifornimenti nel paese.
La principale rotta dei rifornimenti della Nato in Afghanistan è sempre più pericolosa e a rischio per la chiusura delle frontiere sul versante pachistano e per gli attacchi letali dei talebani, e ciò implica che le forze internazionali per rifornire i 150mila soldati che combattono in Afghanistan dovranno verosimilmente fare sempre maggiore affidamento su quello che gli Stati Uniti chiamano il "Northern Distribution Network". Tale strada – una successione di lunghe vie di comunicazione che si snodano attraverso le montagne e i deserti dell'Asia centrale – è oggetto di tutta una serie di problemi in gran parte sottovalutati o trascurati, quali contese politiche, corruzione, mediocri infrastrutture e problemi alla sicurezza, che continuano a mettere a rischio la linea dei rifornimenti, come ha dimostrato in modo significativo il 2010.
Ad aprile i rifornimenti della Nato in arrivo dal centro di transito di Manas nel Kirghizistan sono stati bloccati dai disordini politici e in seguito, a maggio, da una controversia fiscale relativa alla stessa base. Anche prima, però, il sistema aveva dato segnali di gravi difficoltà. Le merci che viaggiano su ferrovia attraverso l'Uzbekistan di solito subiscono un rallentamento di circa venti giorni alla frontiera uzbeka-afgana per essere sottoposte a ispezione. A marzo il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha riferito a Defense News di essere già riuscito a ottenere una riduzione dei tempi d'attesa, che in precedenza erano di trenta giorni, anche se le società di spedizione riferiscono che con la bustarella giusta si potrebbero ridurre ad appena una settimana.
E poi ci sono le faide politiche locali con le quali fare i conti. A maggio migliaia di vagoni cisterna, contenenti carburante e alimenti vari, quanto mai necessari ai soldati della Nato, sono rimasti bloccati alla frontiera tra Uzbekistan e Tagikistan su disposizione delle ferrovie nazionali uzbeche: benché siano stati addotti problemi di natura tecnica, molti sospettano apertamente che Tashkent così facendo abbia cercato di impedire ad alcuni materiali edilizi di raggiungere un impianto idroelettrico in costruzione sul versante tagico, impianto che gli uzbechi ritengano possa sottrarre alle loro terre acqua.