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Nasce il Polo della nazione e per ora l'intesa evita la paralisi del Parlamento. Ecco i fondatori

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2010 alle ore 07:40.
L'ultima modifica è del 16 dicembre 2010 alle ore 06:37.

Foto: i protagonisti del Polo della nazione.

Sarebbe strano se ieri avesse davvero preso forma il «terzo polo». In tal caso si tratterebbe, per la rapidità fulminea della svolta, di una sorta di «predellino di centro» soprattutto mediatico. Con tutti i rischi connessi. In realtà l'operazione avviata da Casini, Fini, Rutelli e altri all'indomani della sconfitta sulle mozioni è una mossa tattica piuttosto abile, benché quasi obbligata dalle circostanze. Siamo lontani dal «polo della nazione», secondo certe definizioni in parte già smentite. Sul piano formale non si va oltre un coordinamento parlamentare, escludendo però la fusione dei gruppi esistenti.

In termini politici, l'alleanza è una risposta a Berlusconi nel momento in cui il premier annuncia l'intenzione di voler risucchiare nel Pdl singoli parlamentari delusi o incerti appartenenti a «Futuro e Libertà», alla stessa Udc e persino all'ala centrista del Pd. È chiaro che attraverso questa via sarebbe arduo restituire stabilità a una maggioranza in bilico, uscita dal dibattito alla Camera con appena tre voti di margine. Tuttavia quel che conta è il messaggio di Berlusconi.

Il presidente del Consiglio sa di dover puntellare la sua coalizione sfibrata. Ma teme di trovarsi a negoziare con Casini da posizioni di relativa debolezza. Con il pericolo di dover accettare prima o poi quella «crisi pilotata», comprensiva di dimissioni, che egli considera una medicina amara da evitare per quanto possibile. Così cerca di aggirare il problema.
A sua volta Casini e Fini hanno bisogno di voltare pagina dopo l'ordalìa parlamentare. Il secondo più del primo, essendo il vero sconfitto della vicenda. Ma anche il leader dell'Udc sa di non poter attendere gli eventi con le mani in mano. Come ha detto ieri Rocco Buttiglione, «o ci uniamo o ci impiccano uno per uno». Brutale, ma rende l'idea. Di conseguenza Casini ha tutto da guadagnare se riesce ad allineare dietro di sé alcune decine di deputati (ottanta, forse cento) desiderosi di una strategia e una direzione di marcia. Anche per non sentirsi isolati ed esposti alla tormenta berlusconiana. Molto più di Fini, da oggi è Casini il naturale portavoce del cosiddetto «terzo polo». Gli servirà per confrontarsi con Berlusconi, senza troppa fretta, da posizioni più solide.

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Nel frattempo l'operazione prevede una piccola rivoluzione culturale. Basta con gli scontri all'arma bianca in stile Granata o Bocchino. Sotterriamo l'ascia di guerra, dice Casini. E sullo sfondo si sente l'eco delle parole del cardinale Bagnasco, presidente della Cei: «Il voto del Parlamento ha espresso un desiderio di governabilità in modo chiaro e democratico». È un auspicio che rispecchia il sentimento dell'Italia profonda, o meglio dell'Italia produttiva e di tutti coloro che temono l'instabilità. Senza dubbio il leader dell'Udc è sensibile a questi argomenti. E a sua volta Fini ha compreso che non può essere lui, il presidente della Camera, a favorire l'ostruzionismo nei lavori parlamentari.

Sta di fatto che ieri è stato approvato senza traumi il decreto sicurezza. Ed è in vista il «sì» anche per il decreto sui rifiuti di Napoli. La paventata paralisi del Parlamento per ora non c'è. La governabilità ha fatto un piccolo passo avanti. Poi si vedrà. Il negoziato con Berlusconi per allargare la maggioranza prima o poi dovrà acquistare un contorno preciso. E allora si giocherà l'ultima partita della legislatura.

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