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Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2010 alle ore 17:27.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha oggi promulgato la riforma Gelmini dell'università. Il capo dello stato ha contestualmente indirizzato una lettera al presidente del Consiglio dei ministri in cui si auspica che con successiva legislazione ministeriale si risolvano le «talune criticità» riscontrate nel testo. È chiesta anche chiarezza sulle risorse e soprattutto invita il governo a ricercare «un costruttivo confronto con tutte le parti interessate». Del resto, scrive Napolitano, «l'attuazione della legge è demandata a un elevato numero di provvedimenti, a mezzo di delega legislativa, di regolamenti governativi e di decreti ministeriali (...) nel corso del quale saranno concretamente definiti gli indirizzi indicati nel testo legislativo e potranno essere anche affrontate talune criticità».
«La promulgazione è un fatto positivo»: ha commentato il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, che ha aggiunto: «Insieme al presidente Berlusconi terremo certamente conto delle osservazioni del Quirinale».
Quattro gli articoli nel mirino del Colle. Giorgio Napolitano considera «non coerente con il criterio del merito» la parte dell'art. 4 della legge di riforma dell'Università che prevede l'assegnazione delle borse di studio con una «riserva» che tiene conto dell'appartenenza territoriale degli studenti.
Altra criticità da correggere, secondo il Quirinale, è all'articolo 6 che riguarda il titolo di
professore aggregato. Il senso è chiaro, sottolinea la nota indirizzata al premier, ma «si attende che ai fini di un auspicabile migliore coordinamento formale, il governo adempia senza indugio all'impegno assunto dal ministro Gelmini nella seduta del 21 dicembre in Senato, eventualmente attraverso la soppressione del comma 5 dell'articolo», che consente di conservare il titolo di professore aggregati anche nei periodi di congedo straordinario per motivi di studio di cui il ricercatore usufruisce nell'anno successivo a quello in cui ha svolto l'anno d'insegnamento.
Nel mirino anche l'art. 23 della riforma universitaria, sui contratti di insegnamento, che appare al presidente Napolitano «di dubbia ragionevolezza nella parte in cui aggiunge una limitazione oggettiva riferita al reddito ai requisiti soggettivi di carattere scientifico e professionale».