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L'imam El Tyeb dopo la strage di Alessandria: dal Papa non accettiamo alcuna ingerenza

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 gennaio 2011 alle ore 15:17.

Nessuna ingerenza. È la risposta del grande imam di Al Azhar, sceicco Ahmed El Tyeb, una della massime figure dell'Islam, che ha criticato le dichiarazioni del Papa sulla strage ad Alessandria (ad opera di un kamikaze) sulla necessità di difendere i cristiani, definendole «intervento inaccettabile negli affari dell'Egitto». «Perché il Papa non ha chiesto la protezione dei musulmani quando venivano massacrati in Iraq?», si è chiesto El Tayeb, citato dalla stampa egiziana, criticando quella che definisce «una visione sbilanciata su musulmani e cristiani che rischiano di essere uccisi in tutto il mondo».

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Durante l'Angelus, Benedetto XVI ha ammesso di aver «appreso con dolore la notizia del grave attentato contro la comunità cristiana copta» che ha provocato 21 morti. «Questo vile gesto di morte, come quello di mettere bombe ora anche vicino alle case dei cristiani in Iraq per costringerli ad andarsene, offende Dio e l'umanità intera, che proprio ieri ha pregato per la pace e ha iniziato con speranza un nuovo anno».

In una piazza San Pietro gremita da migliaia di persone, il Papa ha aggiunto che «davanti a questa strategia di violenze che ha di mira i cristiani, e ha conseguenze su tutta la popolazione, prego per le vittime e i familiari, e incoraggio le comunità ecclesiali a perseverare nella fede e nella testimonianza di non violenza che ci viene dal Vangelo. Penso anche ai numerosi operatori pastorali uccisi nel 2010 in varie ugualmente il nostro affettuoso ricordo davanti al Signore. Rimaniamo uniti in Cristo, nostra speranza e nostra pace».

Ma le reazioni della comunità musulmana italiana sono di tutt'altro segno rispetto a quelle dell'imam di al Azhar. «Orrore e dolore. Sono questi i sentimenti che ci ha provocato la notizia terribile del massacro avvenuto ad Alessandria d'Egitto». È quanto scrive in una nota l'Unione delle comunità islamiche in Italia (Ucoii).

«Mentre testimoniamo alle famiglie delle vittime e all'intero amato popolo egiziano tutto il nostro cordoglio e il senso del nostro sdegno, affermiamo che nessuna fede, credenza o ideologia - prosegue il documento - potrà mai essere invocata per giustificare o anche solo spiegare le motivazioni aberranti che hanno condotto ad un atto tanto efferato che in tutta evidenza è stato programmato e perpetrato per minare la plurisecolare convivenza tra musulmani e cristiani, componenti storiche di quel Paese».

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Solidarietà anche dalla comunità ebraica. «Le notizie che ci arrivano da Alessandria d'Egitto ci impongono a non rimanere indifferenti di fronte ad una tragedia che colpisce i cristiani in paesi che vanno dal Sudan alla Nigeria, dall'Iraq e fino a Gaza», affermano in una nota congiunta Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma, e Riccardo Di Segni, capo rabbino della comunità ebraica di Roma. «Aderiamo con convinzione all'iniziativa proposta dall' amministrazione cittadina per ribadire il ruolo di Roma Capitale, come luogo di confronto, rispetto e modello tra le diverse confessioni della nostra città. Come un anno fa, quando ricevemmo in sinagoga papa Benedetto XVI - concludono Pacifici e Di Segni - ribadiamo la nostra preoccupazione per le atroci condizioni di violenze che alcune comunità cristiane nel mondo sono costrette a vivere».

Preoccupazione è stata manifestata anche da parte della stampa egiziana. Un atteggiamento che scaturisce anche dalla condizione di discriminazione in cui vivono i copti, circa 8 milioni, ovvero il 10% della popolazione in Egitto. «Qualcuno vuole che questo Paese esploda. Esiste un piano per far scoppiare una guerra civile», ha riportato il quotidiano indipendente Al-Shourouk, che teme un Egitto trasformato in ciò che era il Libano negli anni Settanta. Il quotidiano Al-Masri Al-Yom esorta a investigare le responsabilità di chi avrebbe dovuto garantire la sicurezza della chiesa dei Santi ad Alessandria: «Non dobbiamo nascondere la testa sotto la sabbia -afferma- alcuni dicono che mani straniere sono dietro questo crimine, ma se l'edificio nazionale è solido nessuna fazione straniera potrà incendiarlo».

I funerali
Il dolore dei cristiani d'Egitto si è manifestato ieri sera durante i funerali dei 21 caduti nel corso della strage. Sono state almeno 5mila le persone che hanno partecipato alle esequie. Sono arrivate da tutto l'Egitto, si sono date appuntamento in un monastero alle porte della città, il monastero di Mary Mina, dove i fedeli hanno scandito slogan e hanno anche rifiutato di accettare le condoglianze ufficiale. «No, No, No», hanno urlato i presenti, quando uno dei celebranti ha tentato di leggere il messaggio di condoglianze inviate dal presidente Hosni Mubarak. Le vittime sono state poi sepolte per motivi di sicurezza nel cortile del monastero. In seguito, i fedeli cristiani hanno ripreso a pregare nella chiesa copta di Alessandria, ricordando i loro «martiri» e con parole di rabbia contro i «fanatici» che hanno fatto violenza alla loro comunità. Tracce di sangue erano ancora visibili sulla facciata della Chiesa Al-Qidissin (dei Santi) ancora sotto la protezione della polizia.
Con le lacrime agli occhi, le donne hanno implorato ad alta voce Dio di «vendicare i martiri» e «bruciare i cuori» degli autori dell'attentato. Mentre poco prima, nel corso di una manifestazione, i cristiani avevano fischiato la polizia e lanciato pietre, urlando slogan contro il regime di Mubarak.

Dal canto suo, il presidente Mubarak si è impegnato a rintracciare i colpevoli e ha fatto un appello all'unità nazionale, dicendo che l'attentato era rivolto a tutti gli egiziani e i cristiani non devono sentirsi soli. Intanto, sono in corso gli interrogatori di sette persone, sospettate di essere coinvolte nell'attentato di Capodanno. Mentre altre dieci persone, che erano state fermate brevemente, sono state rimesse in libertà. Lo ha riferito una fonte della sicurezza. Anche un'altra fonte ha confermato che l'interrogatorio prosegue, che sono in stato di fermo «un certo numero» di persone, ma che la maggior parte è stata trattenuta brevemente e poi liberata. «Ci sono alcune persone in stato di fermo e che vengono interrogate: è la parte dell'indagini per appurare le misteriose circostanze dell'accaduto e raccogliere le informazioni», ha aggiunto la seconda fonte, che però non ha voluto rivelare quanti siano stati arrestati.

Le reazioni dall'Italia
Intanto, l'Italia ha annunciato che chiederà all'Unione europea di fermare gli aiuti a quei Paesi che non difendono a libertà religiosa e non tutelano le minoranze. «Abbiamo intenzione - ha precisato il ministro degli Esteri, Franco Frattini - di chiedere al ministro degli Esteri europeo, signora (Catherine) Ashton, che si discuta di questo: va bene concedere aiuti e contributi generosi a Paesi che li necessitano, ma in cambio dobbiamo pretendere da quei Paesi il rispetto del diritto alla libertà religiosa e la tutela vera, non a parole, delle minoranze».


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