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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2011 alle ore 06:36.
Botta e risposta a distanza tra il numero uno della Cgil, Susanna Camusso, e l'ad di Fiat, Sergio Marchionne, a ridosso del referendum che domani e dopodomani darà il verdetto dei lavoratori sull'accordo per Mirafiori. La Camusso ha accusato Marchionne di insultare ogni giorno il nostro paese. «Se la Fiat può affermare di avere un piano e tenerlo nascosto, è anche perché c'è un governo che non fa il suo lavoro e non ha il coraggio di vedere che quando l'ad della Fiat insulta ogni giorno il nostro paese e le sue possibilità non offende solo i cittadini e i lavoratori, ma dice anche delle qualità del governare e delle risposte che vengono date», ha detto il segretario generale della Cgil, aggiungendo che «il piano Fabbrica Italia è più conosciuto in Germania che da noi».
Da Detroit, è arrivata la replica di Marchionne: «Non si può confondere il cambiamento con un insulto all'Italia». E ancora: «Se insulto vuol dire introdurre un nuovo modo di lavorare in Italia mi assumo le mie responsabilità. Ma non lo è. Siamo convinti che il modo di operare industrialmente in Italia, anche sulla base della nostra esperienza internazionale, deve essere rinnovato». Altro che insulti: «Vogliamo più bene noi all'Italia, cercando di cambiarla. Il fatto che il nostro modo di agire sia dirompente non lo metto in dubbio, ma interpretarlo come mancanza d'affetto verso l'Italia è ingiustificato, è uno sforzo sovrumano, non lo farebbe nessun altro», ha aggiunto l'ad di Fiat, sottolineando «non ce l'ho con la Camusso, né con Landini. Hanno punti di vista diversi dai nostri.
Se vince il sì, accettino la sconfitta. Io ho perso tantissime volte in vita mia, sono stato zitto e sono andato avanti». Se dovessero vincere i no, Marchionne ha già annunciato che sposterà l'investimento altrove. E se la Fiom insiste che i lavoratori voteranno sotto ricatto, l'ad di Fiat replica: «Ogni volta che si va a votare si dice che è sotto ricatto. Ma qual è l'alternativa al voto? Devo fare un investimento, non è un ricatto, ma una scelta. Facciamo scegliere ai lavoratori». Anche per il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, con una vittoria dei no il futuro di Mirafiori sarebbe in discussione: «Dobbiamo dimostrare di essere un paese accogliente, il sì all'accordo attrarrà investimenti esteri», ha detto ieri, confermando che per l'Italia l'auto è un settore strategico.