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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2011 alle ore 14:35.
«Prove evidenti». È questo uno dei tre elementi fondamentali che hanno indotto la Procura di Milano ad agire con rito immediato nei confronti di Silvio Berlusconi nell'ambito dell'inchiesta "Ruby" Rubacuori sulla prostituzione minorile. Prove tecniche, come la localizzazione delle celle dei telefoni mobili dei protagonisti della vicenda; individuando, dunque, dove questi si trovassero effettivamente nei momenti della consumazione dei reati ipotizzati. Intercettazioni, telefoniche e ambientali. Ma anche prove materiali.
Nelle ultime 24 ore si sono susseguite numerose perquisizioni. Alcune delle quali anche nelle abitazioni di 14 ragazze, tutte residenti nel condominio di via Olgettina 45, a Milano 2 un complesso che sarebbe stato concesso loro in comodato d'uso dallo stesso Berlusconi. Perquisita anche l'abitazione genovese di Ruby "Karima" El Mahroug e del convivente Luca Risso. Di qui le voci che si erano diffuse al palazzo di giustizia di Milano sull'acquisizione agli atti di fotografie e addirittura di video girati con i telefonini all'interno di Villa San Martino. Voci peraltro smentite seccamente da fonti investigative.
Ma di quegli incontri ad Arcore evidentemente resterà traccia nella memoria di alcune testimoni. Non quelle sentite dall'avvocato Niccolò Ghedini nel corso delle indagini predisposte nell'ambito dell'attività investigativa preventiva del difensore. Ma di altre testimoni oculari dei fatti, questa volta estranee all'ambiente dello spettacolo, che deporranno su altri incontri avvenuti ad Arcore. Incontri che sarebbero stati organizzati da Emilio Fede, Lele Mora e da Nicole Minetti (indagati per violazione della legge Merlin) a partire dal 19 settembre del 2010, e che sarebbero, dunque, successivi a quelli di febbraio e di maggio, durante i quali la presenza ad Arcore di Ruby sarebbe stata accertata. In tutte quelle circostanze i pagamenti per le prestazioni o per le semplici partecipazioni alle feste, sarebbero stati effettuati cash, e allo scopo Giuseppe Spinelli, relegato al ruolo di cassiere, in realtà manager di primissimo piano delle holding del gruppo di Segrate, lasciava nelle sale di Arcore buste contenenti migliaia di euro in banconote da 500. E proprio di quel taglio erano le numerose banconote rinvenute in via Olgettina 65 nelle 14 perquisizioni ordinate dalla Procura nelle abitazioni delle ragazze residenti nel condominio di Milano 2. Dunque per Spinelli il ruolo nella vicenda non era secondario.