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La strategia difensiva del cavaliere

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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2011 alle ore 13:14.

«Andiamo avanti, è la guerra». Silvio Berlusconi non molla e ieri sera lo ha ribadito ai suoi a Montecitorio dove, insieme ai legali, Niccolò Ghedini e Piero Longo, e al capogruppo Fabrizio Cicchitto, ha incontrato una trentina di parlamentari avvocati del Pdl. Un confronto franco per raccogliere pareri sul caso Ruby e per valutare le prossime mosse. I presenti raccontano di un Cavaliere in forma, per nulla intimorito anzi estremamente carico dopo le ultime rivelazioni sulle cene ad Arcore. «Hanno perquisito le mie ospiti con metodi da polizia argentina - accusa il premier - le hanno trattenute per dieci ore sequestrando loro denaro e gioielli». Intanto alla Camera nasce il gruppo dei "responsabili" la cui costituzione sarà formalizzata oggi pomeriggio con una lettera al presidente della Camera, Gianfranco Fini.

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I tre punti della strategia difensiva
Il premier ha quindi cercato il conforto e il sostegno dei suoi e ha ribadito, con i due legali, quale sarà la linea difensiva. «Non abbiamo tutte le carte dei pm - è il suo ragionamento - andare a rispondere sarebbe un suicidio». Per questo il Cavaliere non si presenterà davanti ai pm e per farlo punterà su tre capisaldi: innanzitutto Ghedini e Longo invocheranno la competenza del tribunale dei ministri, l'unico luogo deputato a giudicare la presunta concussione contestata al premier. E comunque, sottolineeranno i due nella risposta che sarà inviata alla procura meneghina nei prossimi giorni, se anche il tribunale ordinario fosse competente, territorialmente dovrebbe essere Monza a occuparsi del caso e non la procura di Milano. Ultimo tassello della strategia del premier: la mancata comunicazione all'indagato di tutti gli elementi in possesso dell'accusa. In sostanza, Ghedini e Longo, diranno chiaro ai magistrati che il loro assistito, per difendersi, deve essere messo a conoscenza di tutti gli elementi raccolti a suo carico, comprese dunque le 1200 pagine ancora custodite negli uffici dei pm meneghini.

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La battuta del Cavaliere
Delle ragazze ospitate a più riprese a Villa San Martino si è molto discusso nel confronto di ieri sera e a un certo punto Berlusconi si è lasciato scappare una battuta. «Queste ragazze dovremo difenderle». Un'affermazione buttata lì, ma che nessuno o quasi dei presenti avrebbe raccolto. «Non siete stati chiamati qui per difenderle», ha poi precisato Ghedini. Ma certo le parole del premier qualche sussulto tra i parlamentari lo hanno provocato. Poi la discussione è scivolata su altri temi con il partito compatto attorno al proprio leader quando uno degli avvocati, Piero Longo, ha rivelato che la casa del Cavaliere era sotto controllo dall'inizio del 2010. «Un fatto allucinante, pazzesco», è stato il commento ricorrente tra i parlamentari convocati nella sala Colletti al sesto piano della Camera.

Il premier rammaricato per la violazione della privacy
Berlusconi ha a lungo ascoltato i suoi fedelissimi. Tutti concordi nel sottolineare l'incapacità della maggioranza di mettere a punto le riforme necessarie, a partire proprio da quella della giustizia. «Avevamo i numeri per farle - è stato il refrain degli interventi di diversi parlamentari - e non ne siamo stati capaci». Il Cavaliere ha annuito e ha poi più volte ha sottolineato il suo rammarico per la violazione della sua privacy e la decisione dei magistrati di mettere sotto controllo Arcore. «Nessuno mi ha avvertito di nulla - si è sfogato il premier - non i servizi, non la polizia». Ora i magistrati milanesi lo attendono al varco.

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