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Tra Hu Jintao e Obama più business che diritti. Contratti per 45 miliardi

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2011 alle ore 07:53.

NEW YORK – Non che la montagna abbia partorito il topolino, ma di certo la visita di Stato di ieri di Hu Jintao a Washington è stata definita più dalla politica dei piccoli passi, della continuità – in materia commerciale, valutaria e dei diritti umani – che dalle grandi svolte. La piattaforma comune, solida, resta quella «cooperazione nel rispetto reciproco» prioritaria su tutto il resto. È la piattaforma, del resto, sulla quale i due paesi hanno costruito un rapporto economico che ha portato allo sviluppo in Cina e ha consentito all'America di raggiungere un livello di esportazioni verso Pechino pari a 100 miliardi di dollari all'anno.

Detto questo, Barack Obama è stato ieri molto più deciso che in passato nell'ammonire la Cina ad aprire nel suo stesso interesse ai diritti civili, alle libertà di stampa e di espressione, alla democrazia, ha menzionato – cosa che non aveva fatto nel l'incontro del 2009 a Pechino - il Tibet e l'importanza del dialogo con il Dalai Lama. Su alcune tematiche fondamentali c'era disaccordo prima di questo vertice e continuerà ad esserci dopo. Una visita quella di ieri, nell'insieme gradevole, iniziata in mattinata sui prati della Casa Bianca in una giornata grigia, con nuvole gonfie di pioggia che non si sono per fortuna mai aperte, un benvenuto con 21 colpi di cannone, parata militare, inni nazionali e un paio di discorsi di benvenuto e ringraziamento. Poi gli incontri di lavoro.

Obama in conferenza stampa ha chiarito di aver puntato molto sull'apertura dei commerci prima ancora che su concessioni in materia valutaria «il problema della sottovalutazione dello yuan resta centrale – ha detto il presidente americano in conferenza stampa – ma dobbiamo anche pensare ad altri modi in cui potremo migliorare le nostre esportazioni, la protezione della proprietà intellettuale ad esempio, l'eliminazione di barriere all'ingresso che penalizzano in modo gratuito il nostro export e quello di altri paesi». Poi l'incontro con gli uomini d'affari americani e cinesi, anzi, soprattutto americani. L'annuncio è stato a effetto.

Le aziende cinesi hanno firmato 70 contratti per 25 miliardi di dollari in importazioni da 12 stati americani. Inoltre sono stati firmati 12 contratti di investimento per un valore di 3,24 miliardi di dollari. La parte del leone l'ha fatta la Boeing, che ha ricevuto un ordine da 19 miliardi di dollari per 200 velivoli che saranno consegnati fra il 2011 e il 2013. Quest'ordine da solo contribuirà al sostentamento di 100.000 posti di lavoro nel settore aeronautico, non solo alla Boeing ma in tutto l'indotto. Complessivamente stiamo parlando di circa 45 miliardi di dollari di acquisti dagli Stati Uniti, senza contare le ipotesi di investimenti diretti per svariati miliardi di dollari. La cifra è impressionante, consentirà la creazione di 235.000 nuovi posti di lavoro in America, ma è pari a circa il doppio dell'avanzo mensile cinese nei confronti di Washington ed è comunque già inclusa nei 100 miliardi di dollari di export annuali che gli Usa inviano in Cina.

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Tags Correlati: Barack Obama | Boeing | China South Locomotive & Rolling Stock Corporation | Dalai Lama | Ge | General Electric | Harry Reid | Hu Jintao | Jeffrey Immelt | John Bohener | Microsoft | Pechino | Politica | Senato | Stati Uniti d'America | Steve Ballmer

 

Fra gli altri, nel pubblico di una quarantina di manager, c'erano Steve Ballmer, amministratore delegato di Microsoft e Jeffrey Immelt, amministratore delegato di General Electric. Tra i due il più soddisfatto era Immelt, che ha annunciato ieri accordi con la Cina per svariati miliardi di dollari in settori diversi delle sua attività di conglomerato, dai prodotti ferroviari e impianti per la depurazione del gas. Ge e China South Locomotive & Rolling Stock Corporation (Csr) stanno valutando la possibilità di una joint-venture negli Stati Uniti per produrre treni elettrici ad alta e media velocità. Secondo Ge questo business potrebbe creare fino a 3.500 posti di lavoro in America. Ge ha inoltre accettato di produrre e fornire componenti per almeno 500 locomotive in Cina. Ballmer invece, come sempre "outspoken" e diretto, ha preso la parola nella sala organizzata nell'Old Executive Building della Casa Bianca e ha detto direttamente a Hu che un cinese su dieci usa i prodotti software della Microsoft in violazione dei diritti di copyright. Un danno ovviamente enorme per il colosso americano dell'economia digitale.

In serata la cena di Stato, il brindisi e un ultimo piccolo sgarbo al presidente cinese: né il capo della maggioranza al senato Harry Reid né il Presidente della Camera John Bohener hanno accettato l'invito del Presidente per protestare contro gli eccessi di esportazioni cinesi in America grazie a concorrenza secondo loro sleale. «Se non non verranno non chiedete spiegazioni a me, chiedetele al presidente Obama» ha detto Hu in conferenza stampa. Una conferenza stampa difficile, appesantita dal mancato funzionamento della traduzione simultanea che ha creato confusione e ritardi.

Dopo un primo momento di tensione ad esempio – Hu Jintao non aveva risposto a una domanda americana sui diritti civili – si è capito che il problema era del sistema di traduzione. Una nemesi, simbolica delle difficili comunicazioni fra i due paesi. Poi tutto si è chiarito: «Ora che ho capito il senso della domanda posso rispondere – ha detto Hu - la Cina riconosce l'importanza dei diritti umani... ma resta un Paese in via di sviluppo con riforme difficili davanti a sé. Continueremo a promuovere la democrazia e il rispetto della legge nel nostro paese e siamo aperti a imparare gli uni dagli altri ma la Cina – ha precisato Hu- è pronta ad aprire un dialgo sulla base del rispetto reciproco e della non interferenza».

Obama ha detto di aver parlato in modo «candido a Hu». E' vero che ci sono differenze...ma ci sono valori centrali per gli americani su libertà di assemblea di religione di parola che trascendono la cultura... E' innegabile che in Cina negli ultimi 30 anni c'è stata una evoluazione e forse fra 30 anni avremo visto altre evoluzioni». Come dire: la strada sarà ancora lunga.

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