Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2011 alle ore 08:23.
L'ultima modifica è del 19 gennaio 2011 alle ore 09:32.
Le dimensioni contano. Se guardiamo solo al livello di sviluppo medio della Cina, vediamo un paese con uno standard di vita molto simile a quello della Thailandia. Se guardiamo solo alla grandezza della Cina, vediamo quella che è già la seconda economia del mondo, il maggior esportatore (considerando separatamente le economie dei paesi dell'Unione Europea), il secondo importatore e il possessore del più grande stock di riserve di valuta estera.
I leader cinesi, com'è giusto e naturale, si preoccupano soprattutto di mantenere la stabilità e raggiungere la prosperità. Il resto del mondo, com'è altrettanto giusto e naturale, si domanda in che modo la Cina eserciterà il potere e la responsabilità crescenti.
Finora, l'adattamento all'ascesa cinese è stato un notevole successo, soprattutto se si pensa al grande divario culturale, storico e del sistema politico tra la Cina e le attuali potenze in carica. L'economia cinese si è dimostrata dinamica e sempre più orientata al mercato. L'Occidente, a sua volta, è andato incontro alla Cina. Era la cosa giusta da fare.
Confrontiamo semplicemente il devastante costo del protezionismo statunitense e della Grande Depressione del periodo tra le due guerre con la sempre maggior apertura economica della Cina e con la vincente risposta del keynesianesimo cinese alle sfide della recente Grande Recessione. Consideriamo anche l'ingresso della Cina nell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) e la grande capacità del mondo ad adattarsi alla rapida crescita del commercio cinese, che dal modesto 4% del totale mondiale di un decennio fa è passato all'attuale 10%.
Sia la Cina sia l'Occidente hanno motivi di fierezza. Ma ciò non significa che sia andato tutto liscio. Al contrario, entrambe le parti hanno fatto degli errori nella gestione dei loro rapporti economici.
La Cina, per esempio, ha lasciato che lo straordinario aumento delle esportazioni e il surplus delle partite correnti mascherassero uno sviluppo sempre più squilibrato dell'economia interna. Il consumo domestico cinese è crollato dal già bassissimo 46% del Prodotto interno lordo del 2000 al misero 35% del 2008.