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Al centro della politica e dell'economia, Chicago ormai è la seconda capitale americana

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2011 alle ore 14:19.

La visita di stato del presidente cinese Hu Jintao si chiude a Chicago. Cioè dove finiranno 19 dei 45 miliardi di dollari che la Cina ha deciso di investire negli States (la Boeing, che venderà 200 aerei a Pechino, ha qui il suo quartier generale). Ma Chicago è anche la città da cui Barack Obama ripartirà per la gara presidenziale del 2012, con lo stratega David Axelrod e gli altri uomini dello staff a lavorare per la campagna elettorale.

Nessuno del resto dimentica quell'emozionato "Ciao Chicago" con cui il presidente cominciò il memorabile discorso dopo la vittoria del 4 novembre 2008 davanti a una folla in delirio a Grant Park. Perché Chicago è la "sua"città, è la citta di sua moglie, è la città dove ha costruito la sua carriera politica e dove il 22 febbraio corre per diventare sindaco uno dei suoi uomini più vicini, l'ex capo di gabinetto Rahm Emanuel.

Chicago, insomma, è sempre più centrale nella vita politica ed economica degli Stati Uniti. E poco importa che abbia perso la sfida, pur importante, delle Olimpiadi 2016 conquistate da Rio. Quando si arriva a Chicago, se ne colgono subito la vitalità, la personalità e anche le contraddizioni tipiche di un posto come l'America. Prima di tutto, è bella. L'incendio che l'ha distrutta nel 1871 ne ha propiziato la rinascita con un pool di architetti (un nome per tutti: Ludwig Mies van der Rohe) che le hanno dato un'identità forte: le linee eleganti di grattacieli ora severi, ora più estrosi, comunque mai banali ti costringono a una sosta. È attraversata da un fiume, il Chicago River, e bagnata dal lago Michigan di cui non si vede la fine, con spiagge che ti fanno sentire al mare proprio a ridosso del centro, il vento che taglia la faccia. I suoi parchi non hanno nulla da invidiare a quelli newyorchesi, anzi. Il gigantesco Lincoln Park, polmone verde dell'omonimo quartiere, è punto di riferimento per famiglie, amanti della corsa e della bicicletta, lettori, come Central Park a New York.

La bellezza va di pari passo con una vita culturale sempre ricca. Dalla Chicago Simphony Orchestra diretta da Riccardo Muti, una delle prime cinque degli Stati Uniti, ai mille locali del blues e del jazz (al Green Mill di cui era proprietario Al Capone ci si sente davvero negli anni 20), dalla Chicago Public Library (la più grande del Midwest, oltre 11 milioni di volumi) con i suoi reading settimanali, all'arte a cielo aperto di Millennium Park, con installazioni monumentali che ti rapiscono: difficile passare delle giornate monotone a Chicago. Certo, non mancano le contraddizioni. Se decidi di andare alla University of Chicago - una tappa imperdibile non solo perché è la fabbrica dei Nobel dell'economia ma anche perché è bello passeggiarci o leggere un giornale su una panchina - ti dicono subito di stare attenta perché il quartiere non è sicuro. Meglio evitare di andare oltre la cittadella universitaria, di spingersi troppo a sud dove imperversano le gang, di prendere la metropolitana di sera.

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Stessa cosa se si vuole andare a vedere le case di Frank Lloyd Wright (e come perderle?) a Oak Park: il posto in sé è tranquillissimo, ma la linea verde della metro che porta lì attraversa quartieri poco raccomandabili. E del resto, senza andare in estrema periferia, colpiscono alcuni housing projects, sorta di case popolari in cattive condizioni, attorno alle quali si annida la criminalità. Non a caso la seconda città degli Stati Uniti rimane una delle più violente del paese.

Eppure, con alcuni accorgimenti (gli stessi che peraltro si usano anche in alcune città italiane), a Chicago non ci si sente a disagio o insicuri. La gente è aperta, disponibile, innamorata dell'Italia. Certo, c'è sempre chi immediatamente cita "Al Capone" e "mafia" guardandoti con diffidenza, ma alla fine è un prezzo che si paga volentieri.

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