Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2011 alle ore 08:12.
WASHINGTON – Barack Obama ha lanciato ieri notte la nuova sfida americana. Lo ha fatto nel suo discorso sullo Stato dell'Unione davanti al Parlamento riunito nella tradizionale solenne seduta plenaria, enunciando una «sfida per il futuro», per far sì che l'America non perda la leadership economica e quella morale sul resto del mondo. Una sfida soprattutto economica: rimettere ordine in casa, investire in nuove tecnologie, nell'educazione, riorganizzare lo stato, congelare per cinque anni la spesa pubblica, tagliare il disavanzo e il debito pubblico.
Il messaggio di ieri del Presidente non poteva essere più chiaro: oggi l'assedio all'America è economico, giunge dalla Cina e dall'India «che con alcuni cambiamenti - ha detto Obama -hanno capito che possono competere con il resto del mondo...ora tocca a noi, dobbiamo battere il resto del mondo sull'innovazione, sulla pubblica istruzione sulla costruzione di infrastrutture...». Una volta, in passato l'America si è trovata in una situazione simile ha ricordato il Presidente, «quando 50 anni fa l'Unione Sovietica ci ha battuto nello spazio con lo Sputnik...poi senza avere la tecnologia siamo riusciti a crearla e ad andare sulla Luna....questo è il momento Sputnik per la nostra generazione...dobbiamo fare quello che gli americani hanno per 200 anni: reinventare noi stessi...».
LA RISPOSTA REPUBBLICANA È stato questo, nella parte iniziale, il momento più alto, più ispirato del discorso di ieri di Obama. Un discorso più lungo del normale, o almeno così è sembrato, poco più di un'ora. Un discorso che nella seconda parte è diventato più tecnico, meno ispirato e dettato dall'esigenza di coprire quanti più dossier aperti sul tavolo della Casa Bianca e del Congresso. Obama ha parlato di sanità, aprendo ai repubblicani su alcuni cambiamenti: «per migliorarla», pur difendendo la legge di riforma nella sua parte centrale. Ha detto che presto la guerra in Iraq finirà e che per il prossimo luglio i primi contiengenti lasceranno l'Afghanistan. Ma più il Presidente andava avanti più si trattava di una sorta di lista della spesa, di riassunto di tematiche che già conosciamo su cui il Presidente non ha offerto molto di nuovo. Del resto, Obama si rende conto che con la maggioranza rapubblicana alla Camera, su molte tematiche avrà le mani legate. Lo si è capito poco dopo la fine del suo discorso, quando per la risposta repubblicana ha parlato Paul Ryan, il giovane capo della commissione Bilancio alla Camera. Ryan ha attaccato gli obiettivi interventisi proposti da Obama, ha promesso battaglia dura sulla riforma sanitaria: «Se vogliamo riformare la pubblica amministrazione cominciamo dalla sanità, chiedo al Presidente di eliminarla...».
Poco dopo, per la prima volta, una terza risposta, quella dei Tea Parties. Il movimento, scoordinato per definizione, si è presentato con il volto attraente, deciso e aggressivo di Michele Bachmann una deputata del Minnesota eletta nel 2007 ma legata ai Tea Parties: «dobbiamo abbattere l'Obamacare...ed ecco un suggerimento per rimettere ordine nell'economia fermiamo l'EPA ( agenzia per la protezione ambientale) dall'imporre i cap and trade sulle emissioni che distruggono posti di lavoro....tagliamo il disavanzo pubblico a tutto campo....». «Politics as usual» dunque, anche se, a parte la sanità e l'identificazione di alcune voci di spesa che Obama vuole mantenere, gli altri obiettivi sono simili: ridurre il disavanzo pubblico, ristrutturare la pubblica amministrazione, rilanciare l'occupazione.
L'OMAGGIO A GABBY GIFFORDS Eppure, per prima cosa Barack Obama, ieri notte, nel suo terzo discorso sullo stato dell'Unione, aveva parlato di unità, di un recupero del tono aperto, costruttivo nel dialogo politico. E ha reso omaggio a Gabrielle Giffords, la deputata democratica ferita nella folle sparatoria di Tucson che avrebbe dovuto essere presente ieri sera fra i suoi colleghi «...ma ricordiamoci della sedia vuota in questa sala e preghiamo per la salute della nostra collega – e della nostra amica – Gabby Giffords», ha detto Obama fra gli applausi dei parlamentari che portavano un fiocco bianco e nero per ricordare le vittime di Tucson. Poi l'omaggio a John e Roxanna Green, i genitori della piccola Cristina Taylor, 9 anni, nata l'11 settembre del 2001, uccisa in Arizona: " C'è qualcosa di più grande, più consequenziale di un partito o di una preferenza politica...apparteniamo alla familgia americana.... abbiamo speranze e un credo comune; quello secondo cui i sogni di bambina a Tucson non sono diversi da quelli dei nostri stessi figli". In nome dell'unità, repubblicani e democratici, senatori e deputati si erano seduti per la prima volta vicini fra loro, e non separati nei rispettivi schieramenti politici. C'erano i ministri, la Corte Suprema, lo stato maggiore dell'esercito. Obama ha riconosciuto la vittoria dei repubblicani a novembre, ha reso omaggio a John Boehner il nuovo presidente della Camera e ha sottolineato la necessita' di dialogare insieme. Poi è passato al messagio: " Il semplice auspicio non porterà una nuova era di cooperazione...quel che produrrà questo momento saraà determinato non dal fatto che possiamo sederci vicni stanotte, ma se potremo lavorare insieme domani. Perchè ci muoveremo in avanti insieme, o non ci muoveremo per niente, perchè le sfide sono più alte di qualcunque partito, più grandi della politica".
I CINQUE PILASTRI PER VINCERE LA SFIDA DEL FUTURO E' stato un ponte, quello dell'unità, che ha consentito ad Obama di aprire a quel punto il discorso alle tematiche politiche ed economiche del suo discorso. E alla presentazione di un programma soprattutto economico, per creare occupazione, benessere e per riportare il rigore di bilancio. Un progetto quello che ha enunciato Obama per rispondere alla nuova sfida americana, che guarda gia' elle elezioni del 2012. Il tema centrale del discorso del Presidente e' stato appunto ancorato al futuro e a cinque pilastri su cui, ha detto il Presidente, si potra' ricostruire la credibilita' economica americana nel contesto della sfida epocale della globalizzazione: innovazione, educazione, costruzione, riforma, responsabilità. Al primo posto ha detto il Presidente, "c'e' l'innovazione...la necessita' di essere sempre all'avanguardie, con lo sviluppo ad esempio di una rete informatica wireless nazionale per portare la rete l'accesso, l'educazione nelle zone rurali piu' remote del Paese", Ma gli altri quattro elementi altrettanto importanti sono la pubblica istruzione, la costruzione, con progetti infrastrutturali; la riforma, a tutto campo da quella fiscale alla riforma di rigidita' giuridiche che imbrigliano il Paese, come le cause mediche; la responsabilita': scelte difficili per ridurre il disavanzo pubblico e altre inefficenze del Paese. E ha lanciato un piano quinquennale per "congelare la spesa pubblica... per riportare la percentuale di spesa pubblica sul Pil ai livelli piu' bassi dai tempi dell'amministrazione Eisenhower entro il 2015...". Per pagare gli incentivi per l'innovazione nel settore energetico, per le energie rinnovabili, per far si che il paese possa ottenere l'80% del fabbisogno elettrico da energia pulita entro il 2035, Obama vuole elimnare 4 miliardi di dollari di agevolazioni fiscali per il vecchio settore petolifero:" loro non hanno bisogno di agevolazioni invece di sussidiare l'energia di ieri, investimao in quella di domani". Obama vuole anche mettere per l strade americae 1 milione di vetture elettriche entro il 2015. Ha chiesto lo stanziamento di 8 miliardi di dollari all'anno per spese in tecnologia per incoraggiare le imprese a investire, un terzo in piu' rispetto all'anno scorso :"So che il bilancio e' stretto, ma a certe cose non possiamo rinunciare".
IL NUOVO CONTESTO COMPETITIVO GLOBALE Ha promesso anche una ristrutturazione della pubblica amminsitrazione, la chiusura di agenzie inutili l'abolizione di regole che appesantiscono. Un impegno questo che ha raccolto un gesto di approvazione di Bohener. "Il mondo è cambiato – ha detto Obama in un passaggio delicato per un democratico DOC come lui – impianti che una volta avevano bisogno di 1.000 lavoratori oggi fanno lo stesso con 100". Per esportare si dovranno cambiare molte cose. Il Presidente ha ricordato gli accordi con la Corea del Sud per un mercato di libero scambio che raddoppierà le esportazioni americane, ha chiesto la ratifica urgente al nuovo Congresso, e ha promesso di fare lo stesso con Colombia e Panama. E ha annunciato un viaggio in Sud America nella seconda metà di marzo per rafforzare i legami economici: andrà in Brasile, in Cile e in El Salvador. Ma se la necessita' di recuperare competitività, tagliare il disavanzo pubblico record e il debito sono priorità per la sicurezza del Paese e' anche importante non tagliare a tutto campo la spesa pubblica come vorrebbero i repubblicani. I tagli, ha detto Obama dovranno essere responsabili, salvando le voci di spesa essenziali per il futuro americano:" eliminiamo quello di cui non abbiamo assoluto bisogno. Ma non abbandoniamo i cittadini più deboli. Dobbiamo essere certi che riduciamo gli eccessi di peso. Ridurre il defict taglianddo i nostri invesitmenti, l'innovazione e l'educazione, è come alleggerire il sovrappeso di un aereo rimuovendo uno dei motori...".
LA LEADERSHIP GLOBALE Per rafforzare e riaffermare oltre che la leadership economica anche la leadership politica americana restano ha detto Obama, i valori centrali della democrazia rispetto alla facilità con cui altre nazioni totalitarie " decidono, attraverso il governo centrale di abbattere case popolari per costruire una nuova ferrovia... oppure, se una cosa disturba e non deve essere scritta non sarà scritta...non hanno i nostri problemi...Per quanto frustrante e complicata possa essere la nostra democrazia, so che nessuno qui fra noi cambierebbe con nessuna altra Nazione al mondo ". Una risposta questa chiarissima a chi nel resto del mondo a volte qualche alleato, si domanda alla luce dell'efficenza del modello cinese, una democrazia aperta e trasparente come quella americana possa alla lunga perdere nella "confusione creativa della democrazia" la guerra per la leadership in questa nuova fase della globalizzazione.
SI GUARDA AL 2012 Obama dunque ha impostato un discorso tutto sul rilancio. E, come abbiamo visto, i repubblicani si opporranno a molte delle proposte del presidente, soprattuto quella per non rendere permanente i tagli fiscali per i più ricchi, o quelle per confermare spese che secondo loro sono sprechi e non investimenti. A un certo putno Obama ha promesso che ricorrerà al veto presidenziale. Ieri notte, archivate le buone intezioni amichevoli, a Washington si e' già aperta una nuova pagina della battaglia politica americana. E anche se nessuno lo ha ammesso, anzi il Presidente lo ha persino negato, dicendo che le "elezioni sono appena chiuse a dunqe in palio non c'è una vittoria elettorale ma una vittoria per il Paese...", da ieri è partita formalmente la nuova campagna per elezioni americane, quelle del 2012, fra meno di due, in un sistema elettorale che resta chiuso su tempi troppo stretti fra loro.