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Università: calano le matricole, dove c'è lavoro si studia meno e i migliori vanno negli atenei privati

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2011 alle ore 14:49.

Da una parte c'è un sistema universitario mediamente di buon livello, dall'altra circa 56 giovani su 100 si iscrivono a corsi equivalenti alle lauree triennali nei Paesi Ocse, contro il 51% dell'Italia. È un sistema in chiaroscuro quello dell'università italiana, fotografato dall'undicesimo rapporto sullo Stato del sistema universitario, presentato oggi dal Cnvsu (Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario) al ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca.

Il presidente Luigi Biggeri punta l'attenzione sugli aspetti «decisivi» per la tenuta nel contesto internazionale del sistema di Alta formazione, la cui qualità è riconosciuta a livello mondiale. Il principale aspetto strategico riguarda l'avvio di una «reale razionalizzazione del numero dei docenti e dei corsi di studio». L'Università, ha osservato Biggeri, «ha operato sì una diminuzione dei corsi di studio e dei docenti negli ultimi anni, ma l'analisi d'insieme segnala che ciò è avvenuto in assenza di una reale e appropriata programmazione capace di tenere in considerazione il vero fabbisogno informativo e di ricerca». E ha spiegato: «Il disegno futuro, data l'urgenza, non potrà basarsi ancora una volta su compromessi tra "gruppi interni" di potere all'università, bensì su un disegno strategico ad hoc».

Immatricolati in calo, gi studenti migliori scelgono gli atenei privati
Dal rapporto emerge il calo degli immatricolati - a quota 293mila, mentre nel 2003/2004 erano 338mila - e il fatto che gli studenti migliori, quelli che hanno preso più di 90 alla maturità, scelgano soprattutto gli atenei privati dopo il diploma.
Dopo il picco del 2002/2003 (74,5%) la percentuale di maturi che decide di proseguire gli studi ha subito una progressiva diminuzione: sono scesi al 66% nel 2008/2009 e al 65,7% nel 2009/2010. Nel dettaglio, diminuisce la percentuale di diciannovenni che si iscrivono all'università: nel 2003/2006 erano il 56% oggi sono il 47,7%. Ogni 10 iscritti, però, 4 sono fuori corso e la regolarità è in calo, soprattutto nelle facoltà non a numero chiuso. Inoltre, si legge nel dossier, meno di un diciannovenne su due si iscrive all'università a differenza di quanto accade all'estero: se nel 2003-2006 la percentuale era attestata al 56%, nel 2007-08 è pari al 50,8 e nel 2009-2010 al 47,7.

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Foto Marka

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Un altro aspetto inedito messo in luce dal rapporto è che i maturi più bravi prediligono sempre più spesso università private a quelle statali: gli studenti che hanno un voto di maturità superiore a 90 si iscrivono alla Luiss di Roma (con il 68,1%), alla Bocconi di Milano (58), al Campus Biomedico di Roma (52,6) e al San Raffaele di Milano (52,5). Seguono l'Università della Calabria e il Politecnico di Bari, con il 40,8%. Modesta, secondo il rapporto, la percentuale di immatricolati con voto di maturità 90-100 negli atenei telematici. I dati mettono in evidenza come il passaggio dei maturi all'università sia fortemente condizionato, oltre che dal tipo di facoltà, anche dal territorio.

Meno matricole dove c'è più lavoro
Dove c'è occupazione i ragazzi preferiscono lavorare, spiega il rapporto. L'Indicatore di proseguimento degli studi alla scuola superiore all'università presenta infatti differenze non banali fra le varie priovincie: i valori più alti si hanno nelle province di Teramo, Bologina, Isernia e Rieti, con oltre 80 immatricolati ogni 100 maturi, mentre i valori più bassi si registramo nelle province di Catania, Sondrio e Vercelli, con una percentuale di immatricolati su maturi compresa fra il 40 e il 50%.

Professori sempre più anziani, con circa la metà degli ordinari over 60. Aumentano le donne
Nell'arco di dodici anni il nuerno dei docenti di ruolo è aumentatao del 15%, vale a adire di 7.407 unità. Ma l'età di ingresso è in aumento: i professori ordinari con più di 60 anni sono quasi il 50% e circa il 20% del totale è over 65. Le università meno giovani hanno in genere professori più anziani e l'età media degli ordinari è passata dai 58 anni del '98 ai 63 nel 2010. Soltanto il 15% dei professori ordinari ha un'età inferiore ai 51 anni (circa 1 su 7) e le percentuali più elevate si trovano nelle aree di Scienze matematiche, Ingegneria
industriale, Scienze giuridiche e Scienze economiche e statistiche. Dal rapporto risulta che entro il 2015 usciranno dalle università, per limiti di età, circa il 32% dei professori ordinari delle aree delle Scienze fisiche ed Ingegneria.
I professori associati, invece, hanno un'età di ingresso di 43,1 anni e solo il 5% è sotto i 41 anni. Per quanto riguarda i ricercatori, quelli nella fascia di età tra i 35 ed i 40 anni risultano nel 2010 più numerosi e nel 2010 le ricercatrici rappresentano il 45% del totale.
La presenza femminile è in aumento in tutte le aree scientifiche, soprattutto in quella delle Scienze Chimiche (+14%).
In diminuzione i dottorandi, di circa mille unità fra 2008 e 2009. L'età di accesso è 29 anni, anche se le donne terminano prima. Circa il 39% di loro non riceve alcuna forma di sostegno: nel 2006 i dottori di ricerca che lavoravano a tempo pieno guadagnavano in media 1.687 euro netti al mese.

Entrate in calo, ma aumentate del 60% rispetto al 2001
Al netto delle partite di giro, le entrate complessive del sistema universitario italiano nel 2009 sono state pari a 13,2 miliardi di euro, in calo rispetto ai 13,6 del 2008. Tuttavia, il trend resta in aumento dal 2001: in otto anni le entrate contributive degli atenei statali sono cresciute complessivamete del 60%. Aumenta soprattutto la capacità di attrarre finanziamenti esterni, più che raddoppiata fra il 2001 e il 2009. In calo anche i finanziamenti del Miur, diminuiti di circa il 10% nel giro di otto anni.

L'Italia nel panorama internazionale
Il nostro sistema universitario si colloca al decimo posto al mondo e al quinto in europa nella valutazione internazionale. In Europa siamo al primo posto per l'accessibilità al
sistema, ma l'incidenza della spesa per l'università sul complesso della spesa pubblica è la più bassa nell'ambito Oecd: investiamo solo l'1,6%, quando la media Oecd è del 3,2%. Siamo carenti anche nel numero di docenti per studente (1 per 20, quando la media europea è 15,8). Tra le prime 500 università al mondo, 15 sono italiane. Ma la prima, Bologna, si trova solo al 176esimo posto, seguita dalla Sapienza di Roma (191esima) e da Padova (261esima).
In aumento gli studenti stranieri che scelgono di passare un periodo di studio nel nostro paese (+7% rispetto al 2007-8), ma solo 4 iscritti italiani al biennio su 100 si recano all'estero: di questi, la maggior parte si reca negli Stati Uniti e in Cina. Nel 2010 i fondi impiegati per l'erogazione delle borse di studio sono calati del 10%, portando la quota del fondo integrativo al livello di dieci anni fa.

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