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Fini e la casa di Montecarlo: dalla campagna del Giornale a Frattini. Ecco le tappe della vicenda

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2011 alle ore 10:12.

L'ultimo atto oggi nell'aula del Senato. Dove il titolare degli Esteri, Franco Frattini, ha ribadito l'autenticità dei documenti firmati dal primo ministro dell'isola di Saint Lucia che attesterebbero il legame tra Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini, e le due società off-shore intestatarie della discussa casa di Montecarlo. Ma quella dell'appartamento monegnasco, che Alleanza Nazionale recuperò attraverso il lascito di una ereditiera, è una lunga storia. Ecco tutte le tappe della vicenda.

Frattini: documenti su casa di Montecarlo sono autentici per le autorità di Saint Lucia (di Celestina Dominelli)

La campagna stampa del Giornale
L'appartamento in Boulevard Princesse Charlotte 14 nel principato di Monaco, che una ricca nobildonna romana Anna Maria Colleoni ha lasciato in eredità al partito di Gianfranco Fini, spunta fuori il 27 luglio 2010 con un articolo del Giornale di Vittorio Feltri secondo il quale nella casa di Montecarlo vive il cognato di Fini Giancarlo Tulliani. Il presidente della Camera interviene subito in un video:«Solo dopo la vendita ho saputo che in quella casa viveva il signor Giancarlo Tulliani». Ad agosto l'affaire si arricchisce di un altro capitolo con il Fatto Quotidiano che rivela un nuovo personaggio chiave nella vicenda: James Walfenzao che, mediante due società, entrambe con sede legale nell'isola caraibica di Saint Lucia (Corp Mag e Corp Mag Inc) controlla la Printemps a sua volta intestataria della casa di Montecarlo.

L'inchiesta della procura di Roma
Il 5 agosto 2010 la procura di Roma apre un'inchiesta dopo un esposto di Roberto Bonasorte e Marco Di Andrea, esponenti de "La Destra" di Storace, del 30 luglio. L'ipotesi è quella di "truffa aggravata". Si vuole capire se il prezzo di 300mila euro fissato per la vendita dell'appartamento monegasco sia quello giusto o se invece ci sia stato un danno per An. Il 21 settembre viene poi diffusa una lettera confidenziale che il ministro della Giustizia di Santa Lucia, Lorenzo Rudolph Francis, ha scritto al capo del suo governo, King Stephenson. Nel documento si sostiene la casa di Montecarlo sia riconducibile a Tulliani definito «beneficial owner» della Printemps e della Timara ltd, le due società off-shore intestatarie dell'immobile monegasco. I legali di Tulliani però smentiscono la notizia. Pochi giorni dopo la guardia di Finanza sequestra alcuni atti nella sede di An. Tra questi c'è anche una valutazione che il partito chiese, prima della vendita, sull'immobile di Montecarlo: nelle carte sequestrate dalle fiamme gialle si parla di un milione e ottocentomila franchi, pari a 540 milioni di vecchie lire (270mila euro).

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Fini: se Tulliani è proprietario sono pronto a dimettermi
Il 25 settembre Fini si difende nuovamente in un videomessaggio (guarda la difesa del leader di Fli). Ammette di aver avuto un confronto con il cognato chiedendogli lumi sulla vicenda e assicura di essere pronto a dimettersi se verranno dimostrate le responsabilità di Tulliani. Nella vicenda spunta poi la mano di Valter Lavitola, direttore dell'Avanti e amico di Silvio Berlusconi, che pubblica sul suo giornale alcuni documenti che proverebbero secondo lui il coinvolgimento di Tulliani. Il 13 ottobre le autorità di Montecarlo trasmettono alla procura di Roma un voluminoso dossier in cui giudicano congruo il valore, indicato nel 1999 nel passaggio di proprietà. La procura chiede così l'archiviazione dell'inchiesta: non c'è nessuna truffa dietro la cessione dell'appartamento. Gli inquirenti rendono poi noto che Fini, in qualità di ex presidente di An, e Francesco Pontone, ex tesoriere di An, che aveva seguito la cessione dell'immobile per conto del partito, erano stati iscritti nel registro degli indagati. Oggi l'ultimo capitolo della lunga telenovela con le nuove carte trasmesse alla Farnesina e l'intervento di Frattini.

Il terzo polo attacca Schifani e Frattini
Un intervento che provoca la protesta del centro-sinistra. L'opposizione contesta infatti la rapida calendarizzazione dell'interrogazione parlamentare, mentre i terzopolisti accusano il presidente del Senato, Renato Schifani, di aver svolto un «ruolo politico» e definiscono «anomala» la condotta del titolare della Farnesina. Schifani si difende. «La procedura - replicano i vertici Pdl a palazzo Madama - non coinvolge né i capigruppo, né in alcun modo la presidenza del Senato». Ma la tensione è ormai alle stelle e la temperatura si alza ancora di più a causa delle reiterate richieste di dimissioni dalla presidenza della Camera che arrivano dalla maggioranza. L'ultimo invito ieri è del leader della Lega, Umberto Bossi: «Fini deve dimettersi».

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