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Questo articolo è stato pubblicato il 01 febbraio 2011 alle ore 14:57.
«I vietnamiti piantano il riso, i cambogiani stanno a guardare, i lao lo ascoltano crescere». Così dicevano i francesi, quando il sud-est asiatico era la loro Indochine. È una descrizione che ha resistito per oltre mezzo secolo, attraversando guerre, rivoluzioni, genocidi. I vietnamiti restavano sempre e comunque il popolo forte dell'area, protagonisti della storia, mentre khmer (i cambogiani) e lao ne erano di volta in volta vittime o comparse. Complice una profonda differenza culturale, che per i vietnamiti attinge alla cultura cinese, al confucianesimo e al buddhismo mahayana, che privilegia l'azione morale individuale. Laos e Cambogia, invece, sono influenzate dal buddhismo theravada, in cui il destino degli uomini pare ineluttabilmente segnato. Così, mentre il Vietnam si affermava come l'ultima e più aggressiva delle Tigri Asiatiche, Laos e Cambogia sembravano condannate a restare nella lista delle nazioni più povere del mondo, paesi a responsabilità limitata il cui destino si decideva altrove: a Pechino, Washington, Hanoi o Bangkok.
Negli ultimi anni, però, sembra che khmer e lao abbiano deciso che guardare e ascoltare crescere il riso non sia più sufficiente. In qualche modo vogliono partecipare al Grande Gioco che si svolge attorno a loro. Con una popolazione complessiva di poco più di venti milioni e una storia di catastrofi, non possono pensare d'inserirsi nel Developing World. Quindi cercano di ritagliarsi uno spazio tra i "frontier markets", quei mercati troppo leggeri anche per competere nella categoria degli "emerging". Al tempo stesso hanno preso coscienza della loro posizione al centro della Greater Mekong Subregion. Quella macroregione, che comprende gli stati sulle rive del Mekong (Cambogia, Laos, Birmania, Thailandia, Vietnam e la provincia cinese dello Yunnan), oltre a uno straordinario complesso di biodiversità, rappresenta un progetto economico, sponsorizzato dalla Asian Development Bank, destinato a modificare la geopolitica del Sud-est asiatico. In questo quadro Laos e Cambogia possono giocare la loro partita spostando il consenso, secondo i casi, da Pechino a Washington o tra i loro rispettivi alleati dell'area. Il Beijing Consensus offre maggiori garanzie di non-interferenza ai governi locali (specie per quanto riguarda i diritti umani, la democrazia, la corruzione degli apparati di potere). Ma il Washington Consensus riguadagna punti proprio per la crescente influenza cinese nella regione del Mekong ed è sostenuto dal Vietnam, storico padrino di Laos e Cambogia, che ora vede a rischio la sua influenza e non può tollerare lo spostamento di quegli stati nell'orbita dell'arcinemica Cina (che così completerebbe il suo accerchiamento vietnamita).