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Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2011 alle ore 08:23.
La città è spaccata in due, sulla corniche della riva destra del Nilo è battaglia, dall'altra parte si attendono gli eventi. Ancora una volta la notte scende sull'Intercontinental e sull'Hilton, fortezze tristi per giornalisti, affacciate su piazza Tahrir, che cominciano a ricordare per la loro cupa e nervosa atmosfera da stato d'assedio il Palestine di Baghdad.
Un convoglio di carri armati egiziani, a tarda sera, evacua dall'Hilton Ramses una pattuglia di una trentina di colleghi, francesi, tedeschi e spagnoli, per traghettarli dall'altra parte del fiume, a Zamalek. E all'Intercontinental Semiramis, oscurato con una certa esagerazione come se fossimo sotto i bombardamenti, persino qualche cameriere getta la divisa, forse per essere pronto a una fuga in incognito nell'eventualità di un'incursione della polizia o delle bande pro-Mubarak.
È nel repertorio di tutte le dittature la caccia ai media locali indipendenti e a quelli stranieri, come se questo potesse salvarle dalla cruda verità che oggi affiora molto più rapidamente di un tempo: uno straniero picchiato a morte, di cui si ignora ancora la nazionalità, un giornalista svedese del canale televisivo pubblico ferito gravemente, spari contro i manifestanti, bombe molotov, una decina di vittime in 24 ore e un lungo elenco di violenze e intimidazioni. Arrestati i delegati di Amnesty International e di Human Rights Watch, mentre l'Onu ha cominciato a evacuare parte del personale. Questo il bilancio inglorioso di un'altra giornata consegnata dal regime alle bande pro-Mubarak.
In piazza Tahrir non ci sono ritratti di politici, scarseggiano persino gli slogan islamici ma due grandi scritte bianche campeggiano sulle saracinesche verdi di un magazzino: Twitter e Facebook. Sono questi gli eroi, i motori della rivolta: un'informazione fatta da tutti che raggiunge tutti, smuove la gente e innesca persino delle rivoluzioni. Per fermare questo flusso il regime del presidente Mubarak dovrebbe picchiare o malmenare milioni di persone oppure provare a oscurare internet. Lo ha già fatto e come si vede i risultati sono assai deludenti. La protesta continua e se questa notte non ci sarà stato un massacro in piazza della Libertà, oggi, giorno della preghiera, l'opposizione annuncia una mobilitazione oceanica: sarà il venerdì, dicono laici e Fratelli musulmani, della partenza di Mubarak.