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Contro i pirati somali "marines" italiani a bordo dei mercantili? La marina indiana intercetta una nave

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2011 alle ore 21:23.

Mentre in Occidente si parla da tempo di adottare norme giuridiche che consentano di processare i pirati catturati e regole d'ingaggio che permettano di attaccarli con le armi ogni Paese si organizza a modo suo per tutelare il proprio naviglio mercantile in transito nel triangolo compreso tra il Golfo di Aden, le isole Seychelles e il Canale del Mozambico.

Fenomeno in crescita, quello della pirateria marittima, specie nelle acque somale e nell'oceano Indiano, come ha recentemente raccontato il Sole24ore.com.


In tre anni di attività marittima internazionale le misure adottate risultano quasi del tutto insufficienti considerato che sono aumentati gli abbordaggi, le navi catturate e l'entità dei riscatti

L'india, già disintasi con Russia e Corea del Sud per l'adozione di misure drastiche nei confronti dei pirati somali, è riuscita ieri a intercettare una nave-madre al largo delle isole Laccadive. Una nave da guerra ha seguito sul radar due barchini che avevano attaccato un mercantile greco raggiungendo la nave ammiraglia dei pirati, un peschereccio thailandese sequestrato sei mesi or sono. Nel 2009 la marina indiana affondò a cannonate una nave-madre dei pirati, episodio che sembra aver contribuito a indurre la ciurma di criminali ad arrendersi. Sono stati così liberati 24 marinai thailandesi mentre 28 pirati sono stati trasferiti a Mumbai dove verranno processati. Lo scorso 28 gennaio, nello stesso tratto di mare, la Guardia Costiera indiana aveva catturato altri 15 pirati, 12 dei quali somali, anch'essi in carcere in attesa di processo.

L'ultima preda dei pirati è stato il mercantile cinese Tien Hau catturato il
5 febbraio a 11 miglia nautiche dall'isola di Jabal al-Tair, nel Mar Rosso davanti alle coste yemenite.
In Italia l'insufficienza della risposta militare (le navi europee e Nato non aprono il fuoco e spesso sono costrette a liberare i pirati catturati) ha indotto la Confederazione italiana Armatori a premere per poter imbarcare guardie private a difesa dei mercantili, pratica già diffusa con successo sulle navi britanniche, statunitensi e spagnole.
Due proposte di legge in tal senso sono in Parlamento in attesa di essere discusse ma la Marina Militare (che non ha mai visto di buon occhio l'impiego di guardie private) ha rilanciato offrendo team di due/cinque "marines" del reggimento San Marco da imbarcare sui cargo nelle aree a rischio.

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Tags Correlati: Carlo Biffani | Italia | Marina Militare | Nato | Oceano Indiano | Security Consulting Group | Stefano Messina | Tien Hau

 

Un progetto elaborato dalla Marina in collaborazione con gli armatori è stato presentato al governo per l'approvazione e secondo Confitarma l'avvio delle operazioni dovrebbe essere imminente come ha annunciato il 3 febbraio Stefano Messina, vicepresidente di Confitarma, che ha ricordato come nel 2010 la compagnia abbia subito un aggravio di costi diretti pari a circa 10 milioni di euro a causa della presenza dei pirati, dovuti ad allungamento del percorso, maggiore consumo di carburante, aumento delle spese assicurative e delle indennità del personale. Per questo il servizio offerto dalla Marina, pur prevedendo costi a carico degli armatori, risulta non solo efficace ma anche economicamente vantaggioso.

L'impiego dei militari a bordo dei mercantili, già applicato con successo dai francesi i cui soldati hanno respinto numerosi abbordaggi alle navi transalpine, dovrà però essere definito nei dettagli soprattutto per quanto riguarda le regole d'ingaggio. I militari potranno sparare ai pirati?
Prenderanno ordini dal comandante della nave mercantile? In caso di abbordaggio combatteranno o dovranno arrendersi per non mettere a rischio la vita dell'equipaggio civile?
Un tavolo tecnico è stato istituito per stabilire le regole di ingaggio ma la questione delle capacità operative e delle regole d'ingaggio è di primaria importanza specie se si vuole evitare la spiacevole e inedita circostanza di avere militari italiani prigionieri dei pirati somali.
La scelta di imbarcare team di militari sui cargo non piace agli operatori privati della sicurezza che, da tempo in attesa di una legge specifica, rischiano di veder sfumare il mercato italiano. Carlo Biffani, direttore generale di Security Consulting Group ritiene che l'imbarco dei soldati sui cargo nasconda "la volontà di non dare spazio all'iniziativa privata".

Secondo Biffani "le dimensioni dello spazio marittimo minacciato dai pirati sono vastissime e i mercantili da proteggere sono tanti per non parlare delle difficoltà logistiche per imbarcare e sbarcare a bordo delle navi i team militari di protezione in aree lontane e in mezzo al mare".
Al di là delle diatribe tra militari e privati le dimensioni del problema e il danno economico provocato dalla pirateria dovrebbero suggerire forse risposte articolate nelle quali la presenza di navi da guerra sul mare e team di militari e guardie private a bordo dei mercantili potrebbero convivere costituendo strumenti complementari ma tutti utili alla difesa dei mercantili.

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